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Tribunale e Corte d’Appello Civile: al via lo sportello telematico

 

altPresso la Corte d’Appello Civile ed il Tribunale Civile è operativo dal 7 luglio u.s. lo “sportello telematico”.  L’iniziativa è stata realizzata dall’Ordine degli Avvocati di Roma in collaborazione con la Fondazione Italiana per l’Innovazione Forense (FIIF) del Consiglio Nazionale Forense, con i rispettivi Uffici Giudiziari interessati, e con il supporto tecnico della Lextel. Il nuovo sportello, cui hanno già aderito gli Ordini di Tivoli e Velletri, fornirà un ausilio concreto ed immediato in loco per gli avvocati di Roma e del Distretto, ponendo rimedio ad importanti criticità evidenziate nell’uso del PCT. A completezza del servizio offerto sono stati messi a disposizione degli utenti sia un indirizzo email pcthelp.cdarm@lextel.it cui sottoporre ventuali quesiti sia una newsletter periodica finalizzata a dare contezza delle maggiori problematiche evidenziate nel deposito telematico degli atti e, al contempo, delle relative soluzioni pratiche individuate. 

Aumento diritti di copia e certificato con tabelle aggiornate

 

altNella Gazzetta ufficiale del 30 giugno 2015 è stato pubblicato il decreto del Ministero della Giustizia del 7 maggio 2015 con gli aggiornamenti degli importi da pagare per i diritti di di copia e diritti di certificato previsti dal T.U. Spese di Giustizia (DPR 30/05/2002 n. 115). Di seguito il decreto e le relative tabelle: 

 
 
 
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
 
DECRETO 7 maggio 2015
 
Adeguamento degli importi del diritto di copia e di certificato ai sensi dell'articolo 274 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. (15A04573) (GU n.149 del 30-6-2015)
 
IL CAPO DEL DIPARTIMENTO PER GLI AFFARI DI GIUSTIZIA del Ministero della giustizia
 di concerto con  IL RAGIONIERE GENERALE DELLO STATO  del Ministero dell'economia e delle finanze
 
Visto l'art 274 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che prevede l'adeguamento degli importi del diritto di copia e del diritto di certificato ogni tre anni «in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatesi nel triennio precedente, con decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze»;
 
Visti gli artt. 267, 268 e 269 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02 che disciplinano gli importi del diritto di copia e l'art. 273 dello stesso decreto che disciplina il diritto di certificato;
 
Visti gli importi previsti per il diritto di copia di cui alle tabelle contenute negli allegati n. 6, n. 7 e n. 8 al decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02;
 
Visto l'importo del diritto di certificato indicato dalle lett. a) e b) dell'art. 273 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02;
 
Viste le disposizioni introdotte con l'art. 4, commi 4 e 5, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24;
 
Ritenuto che l'adeguamento del diritto di copia va condotto sugli importi stabiliti con le suddette tabelle;
 
Considerato che per il triennio 1° luglio 2008-30 giugno 2011 gli importi previsti per il diritto di copia e di certificato sono stati adeguati (con D.M. in data 10 marzo 2014) alla variazione accertata dall'ISTAT nei periodi di riferimento ai sensi del predetto art. 274 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02;
 
Ritenuto di dover adeguare gli importi previsti per il diritto di copia e di certificato sulla base della variazione dell'indice ISTAT nel triennio 1° luglio 2011-30 giugno 2014;
 
Rilevato che nel triennio considerato, dai dati accertati dall'Istituto nazionale di statistica, e' stata rilevata una variazione in aumento dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati pari al 4,4%;
 
Decreta:
 
Art. 1 
 
L'importo di € 3,68 previsto per il diritto di certificato dalle lett. a) e b) dell'art. 273 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02, cosi' come adeguato con decreto del 10 marzo 2014, e' aggiornato in € 3,84;
 
Gli importi stabiliti nelle tabelle contenute negli allegati n. 6, n. 7 e n. 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/02, cosi' come adeguati con decreto del 10 marzo 2014, sono aggiornati come di seguito indicato.
 
Il presente decreto verra' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
 
Roma, 7 maggio 2015
 
 Il Capo dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia
 Mura
 Il Ragioniere generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze
 Franco

Tabelle Diritti di Copia 2015 aggiornamento 30 giugno 2015

Diritti di Copia Autentica

N° Pagine Diritti Copie Non Urgenti Diritti Copie Urgenti
01 – 04 € 11,54 € 34,62
05 – 10 € 13,47 € 40,41
11 – 20 € 15,38 € 46,14
21 – 50 € 19,23 € 57,69
51 – 100 € 28,85 € 86,55
oltre 100 € 28,85 + € 11,54 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100 € 86,55 + € 34,62 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100

Diritti di Copia Senza Certificazione di Conformità

N° Pagine Diritti Copie Non Urgenti Diritti Copie Urgenti
01 – 04 € 1,44 € 4,32
05 – 10 € 2,88 € 8,64
11 – 20 € 5,76 € 17,28
21 – 50 € 11,54 € 34,62
51 – 100 € 23,07 € 69,21
oltre 100 € 23,07 + € 9,62 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100 € 69,21 + € 28,86 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100

Diritti di Copia su Supporto Diverso dal Cartaceo
(ove sia possibile contare il numero di pagine) 

N° Pagine Diritti Copie Semplici Diritti Copie Autentiche
1-4 € 0,96 7,69
5-10 € 1,92 8,98
11-20 € 3,84 10,25
21-50 € 7,69 12,82
51-100 € 15,38 19,23
Oltre le 100 € 15,38 + € 6,14 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100 € 19,23 + € 7,69 ogni ulteriori 100 pagine o frazioni di 100

Diritti di Copia su Supporto Diverso dal Cartaceo
(ove NON sia possibile contare il numero di pagine) 

TIPO Supporto Diritti Copie semplici
Ogni cassetta fonografica 60 min o inferiore € 3,84
Ogni cassetta fonografica 90 minuti € 5,76
Ogni cassetta videofonografica 120 min o inferiore € 6,41
Ogni cassetta videofonografica 180 min € 7,69
Ogni cassetta videofonografica 240 min € 9,62
Ogni dischetto informatico 1,44 MB € 4,50
Ogni compact disc € 320,48

 

 

Fondo di garanzia per avere il TFR a seguito del fallimento del datore di lavoro

altLa richiesta al Fondo di Garanzia di pagamento del TFR in caso di mancata ammissione al passivo. Cassazione sez. Lavoro, sentenza 27 gennaio, depositata 26 maggio 2015, n. 10824. 
Di seguito il testo:
 
 
Svolgimento del processo
 
1. S.I. prestava attività lavorativa subordinata con mansioni di addetto alle pulizie in favore della Gr. s.r.l. dal 1 febbraio 1991 al 9 ottobre 1992, data della risoluzione del rapporto di lavoro, maturando quindi il diritto al trattamento di fine rapporto, non erogatogli dalla predetta società-datrice di lavoro.
 Con sentenza del 17 novembre 1994 il Tribunale di Roma dichiarava il fallimento della Gr. s.r.l., fallimento chiuso il 23 luglio 1997.
 Il lavoratore non insinuava al passivo fallimentare il suo credito per il pagamento del T.F.R. maturato e, con ricorso del 14 settembre 1999, conveniva innanzi al Tribunale di Torino la Gr. s.r.l. per sentirla condannare al pagamento di quanto dovutogli a titolo di trattamento di fine rapporto.
 Con sentenza n. 1294/2000 l’adito Tribunale di Torino condannava la società, rimasta contumace, a pagare al ricorrente S. a titolo di maturato T.F.R. la somma di 6.4317,91.
La società datrice di lavoro non eseguiva la sentenza.
Con lettera raccomandata del 12 luglio 2002, il sig. S.I. richiedeva all’INPS-Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto il pagamento del predetto T.F.R, ritenendo che l’obbligo di intervento del Fondo di Garanzia citato scaturisse dal fatto di aver esperito nel 2001 una esecuzione forzata negativa ai danni della stessa Gr. che, secondo l’assunto del lavoratore, sarebbe tornata in bonis dopo la chiusura della procedura concorsuale.
L’INPS negava la prestazione in considerazione del fatto che il lavoratore non aveva insinuato il suo credito al passivo fallimentare, non essendo sufficiente per l’intervento del Fondo di Garanzia l’esperimento di esecuzioni forzate individuali nel caso in cui il datore di lavoro, come la Gr. s.r.l., sia oggetto alla disciplina delle procedure fallimentari.
Pertanto, con ricorso depositato l’8 gennaio 2007, il sig. S. conveniva in giudizio l’INPS dinanzi al Tribunale di Torino per sentire condannare l’Istituto al pagamento in suo favore del trattamento di fine rapporto dovutogli dalla Gr. s.r.l. sua ex datrice di lavoro così come accertato dalla sentenza n. 1294/2000 del medesimo Tribunale torinese, dopo la chiusura del fallimento della società debitrice.
 Il ricorrente esponeva di non aver fatto valere il suo credito nell’ambito della procedura fallimentare ormai chiusa per averla ignorata, documentando l’inutile tentativo di esecuzione forzata individuale nei confronti della società menzionata.
Si costituiva in giudizio l’INPS e chiedeva il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di Torino accoglieva il ricorso proposto da S.I. e condannava il convenuto INPS a pagare al medesimo la somma di Euro 4.317,91 a titolo di T.F.R dovuto da parte della ex datrice di lavoro, s.r.l. Gr., dichiarata fallita.
2. A seguito di appello dell’INPS, nel contraddittorio con l’appellato, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 244/2009, ha respinto il gravame proposto dall’INPS e lo ha condannato al pagamento delle spese di lite del grado di giudizio.
3. Avverso detta sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’INPS.
 Resiste con controricorso la parte intimata. L’Inps ha anche depositato memoria.
 
Motivi della decisione
 
1. Con il ricorso, articolato in due motivi, l’Istituto deduce la prescrizione quinquennale del diritto azionato dall’originario ricorrente e comunque, nel merito, sostiene l’infondatezza della pretesa attesa la mancata insinuazione del credito per il TFR nel fallimento.
 
 2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del trattamento di fine rapporto ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro e, pertanto, la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia è quella ordinaria (decennale); cfr. in proposito Cass., sez. Iav., n. 24 febbraio 2006, n. 4183. Più recentemente Cass., sez. VI-L, 9 giugno 2014, n. 12971, ha ribadito che il diritto del lavoratore di ottenere dall’Inps, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del t.f.r. a carico dello speciale fondo di cui all’art. 2 l. 29 maggio 1982 n. 297, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’Inps e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del fondo di garanzia. Cfr. anche Cass., sez. lav., 17 gennaio 2014, n. 901, secondo cui il credito per trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo di cassa integrazione, in quanto non compensativo di prestazioni di lavoro effettivamente rese, ha natura previdenziale e non retributiva, in quanto inteso ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore temporaneamente ed involontariamente disoccupato, con conseguente soggezione alla prescrizione ordinaria decennale. Per la durata decennale della prescrizione v. anche Cass., sez. lav., 1 febbraio 2010, n. 2278.
 
 3. Infondato è anche il secondo motivo.
Questa Corte (Cass., sez. lav., 22 maggio 2007, n. 11945) ha affermato in proposito che in caso di fallimento del datore di lavoro, il pagamento del trattamento di fine rapporto da parte del fondo di garanzia istituito presso l’Inps richiede, secondo la disciplina di cui all’art. 2 legge n. 297 del 1982, che il lavoratore assolva all’onere di dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa del fallimento e che il suo credito è stato ammesso nello stato passivo. Però, ove l’ammissione del credito nello stato passivo sia reso impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo intervenuta dopo la proposizione, da parte del lavoratore, della domanda di insinuazione ma prima dell’udienza fissata per l’esame della domanda suddetta, il lavoratore che intenda chiedere l’intervento del fondo di garanzia ha l’onere di procedere preventivamente, ai sensi del quinto comma dell’art. 2, ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato “in bonis” con la chiusura del fallimento. Ed è ciò che – secondo l’accertamento della Corte d’appello confermativo di quello del tribunale – ha fatto nella specie lo S. . D’altra parte l’INPS non ha allegato né provato che lo S. si sarebbe potuto insinuare nel fallimento. Cfr. anche Cass., sez. lav., 8 marzo 2012, n. 3640, che parimenti ha affermato che, ove l’ammissione del credito nello stato passivo sia stata resa impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo intervenuta prima che il lavoratore abbia avuto la possibilità di ottenere la verifica del proprio credito, il lavoratore che intenda chiedere l’intervento del fondo di garanzia ha l’onere di procedere preventivamente, ai sensi del quinto comma del suddetto art. 2, ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis con la chiusura del fallimento.
 
4. Il ricorso nel suo complesso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 100,00 (cento) per esborsi oltre Euro 1.500,00 (millecinquecento) per compensi d’avvocato ed oltre spese generali e accessori di legge.
  
 

Legge anticorruzione in Gazzetta

altE’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 marzo 2015 la Legge 27 maggio 2015, n. 69, in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, la cosiddetta legge anticorruzione.  La legge va a ritoccare le norme del codice penale con un generalizzato aumento delle pene in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, e aggiorna, altresì, le norme del codice civile, in materia societaria. La nuova normativa entra in vigore il 14 giugno 2015.
 
Di seguito il testo della Legge 27 maggio 2015, n. 69:
 
Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio.
 
Capo I
 
Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso, nonche’ ulteriori modifiche al codice di procedura penale, alle relative norme di attuazione e alla legge 6 novembre 2012, n. 190. 
 
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
 
 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 
Promulga la seguente legge:
 
Art. 1
 Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di delitti contro la pubblica amministrazione 
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 32-ter, secondo comma, la parola: «tre» e’ sostituita dalla seguente: «cinque»;
b) all’articolo 32-quinquies, la parola: «tre» e’ sostituita dalla seguente: «due»;
c) all’articolo 35, secondo comma, le parole: «quindici giorni» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi» e le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;
d) all’articolo 314, primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro anni a dieci anni e sei mesi»;
e) all’articolo 318, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a sei anni»;
f) all’articolo 319, le parole: «da quattro a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dieci anni»;
g) all’articolo 319-ter:
1) al primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dodici anni»;
2) al secondo comma, le parole: «da cinque a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a quattordici anni» e le parole: «da sei a venti anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a venti anni»;
h) all’articolo 319-quater, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei anni a dieci anni e sei mesi»;
i) all’articolo 323-bis:
1) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma: «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilita’ trasferite, la pena e’ diminuita da un terzo a due terzi»;
2) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Circostanze attenuanti».
 
Art. 2
Modifica all’articolo 165 del codice penale, in materia di sospensione condizionale della pena 
1. Dopo il terzo comma dell’articolo 165 del codice penale e’ inserito il seguente: «Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena e’ comunque subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecunaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno».
 
Art. 3
Modifica dell’articolo 317 del codice penale, in materia di concussione 
1. L’articolo 317 del codice penale e’ sostituito dal seguente: «Art. 317 (Concussione). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualita’ o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita’, e’ punito con la reclusione da sei a dodici anni».
 
Art. 4
Introduzione dell’articolo 322-quater del codice penale, in materia di riparazione pecuniaria 
1. Dopo l’articolo 322-ter del codice penale e’ inserito il seguente: «Art. 322-quater (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, e’ sempre ordinato il pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».
 
Art. 5
Associazioni di tipo mafioso, anche straniere 
1. All’articolo 416-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da sette a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dieci a quindici anni»; b) al secondo comma, le parole: «da nove a quattordici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a diciotto anni»; c) al quarto comma, le parole: «da nove a quindici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a venti anni» e le parole: «da dodici a ventiquattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quindici a ventisei anni».
 
Art. 6
Integrazione dell’articolo 444 del codice di procedura penale, in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti 
1. All’articolo 444 del codice di procedura penale, dopo il comma 1-bis e’ inserito il seguente: «1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l’ammissibilita’ della richiesta di cui al comma 1 e’ subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato».
 
Art. 7
Informazione sull’esercizio dell’azione penale per i fatti di corruzione 
1. All’articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando esercita l’azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, il pubblico ministero informa il presidente dell’Autorita’ nazionale anticorruzione, dando notizia dell’imputazione».
 
Art. 8
Modifiche alla legge 6 novembre 2012, n. 190 
1. All’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo la lettera f) e’ inserita la seguente: «f-bis) esercita la vigilanza e il controllo sui contratti di cui agli articoli 17 e seguenti del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163». 2. All’articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Le stazioni appaltanti sono tenute altresi’ a trasmettere le predette informazioni ogni semestre alla commissione di cui al comma 2». 3. All’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo il comma 32 e’ inserito il seguente: «32-bis. Nelle controversie concernenti le materie di cui al comma 1, lettera e), dell’articolo 133 del codice di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo trasmette alla commissione ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del giudizio che, anche in esito a una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza».
 
 
Capo II
 
Disposizioni penali in materia di societa’ e consorzi 
 
Art. 9
 Modifica dell’articolo 2621 del codice civile 
 1. L’articolo 2621 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 2621 (False comunicazioni sociali). – Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per se’ o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione e’ imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa’ o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsita’ o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla societa’ per conto di terzi».
 
Art. 10
Introduzione degli articoli 2621-bis e 2621-ter del codice civile 
1. Dopo l’articolo 2621 del codice civile sono inseriti i seguenti: «Art. 2621-bis (Fatti di lieve entita’). – Salvo che costituiscano piu’ grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entita’, tenuto conto della natura e delle dimensioni della societa’ e delle modalita’ o degli effetti della condotta. Salvo che costituiscano piu’ grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti di cui all’articolo 2621 riguardano societa’ che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. In tale caso, il delitto e’ procedibile a querela della societa’, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale. Art. 2621-ter (Non punibilita’ per particolare tenuita’). – Ai fini della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, l’entita’ dell’eventuale danno cagionato alla societa’, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis».
 
Art. 11
Modifica dell’articolo 2622 del codice civile 
1. L’articolo 2622 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 2622 (False comunicazioni sociali delle societa’ quotate). – Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per se’ o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione e’ imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa’ o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni. Alle societa’ indicate nel comma precedente sono equiparate: 1) le societa’ emittenti strumenti finanziari per i quali e’ stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea; 2) le societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano; 3) le societa’ che controllano societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea; 4) le societa’ che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsita’ o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla societa’ per conto di terzi».
 
Art. 12
Modifiche alle disposizioni sulla responsabilita’ amministrativa degli enti in relazione ai reati societari 
1. All’articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’alinea e’ sostituito dal seguente: «In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:»; b) la lettera a) e’ sostituita dalla seguente: «a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote»; c) dopo la lettera a) e’ inserita la seguente: «a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote»; d) la lettera b) e’ sostituita dalla seguente: «b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote»; e) la lettera c) e’ abrogata.
 
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
 
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
 
Data a Roma, addi’ 27 maggio 2015
 
MATTARELLA
 
Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando