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Author: Massimo Reboa

Fondo di garanzia per avere il TFR a seguito del fallimento del datore di lavoro

altLa richiesta al Fondo di Garanzia di pagamento del TFR in caso di mancata ammissione al passivo. Cassazione sez. Lavoro, sentenza 27 gennaio, depositata 26 maggio 2015, n. 10824. 
Di seguito il testo:
 
 
Svolgimento del processo
 
1. S.I. prestava attività lavorativa subordinata con mansioni di addetto alle pulizie in favore della Gr. s.r.l. dal 1 febbraio 1991 al 9 ottobre 1992, data della risoluzione del rapporto di lavoro, maturando quindi il diritto al trattamento di fine rapporto, non erogatogli dalla predetta società-datrice di lavoro.
 Con sentenza del 17 novembre 1994 il Tribunale di Roma dichiarava il fallimento della Gr. s.r.l., fallimento chiuso il 23 luglio 1997.
 Il lavoratore non insinuava al passivo fallimentare il suo credito per il pagamento del T.F.R. maturato e, con ricorso del 14 settembre 1999, conveniva innanzi al Tribunale di Torino la Gr. s.r.l. per sentirla condannare al pagamento di quanto dovutogli a titolo di trattamento di fine rapporto.
 Con sentenza n. 1294/2000 l’adito Tribunale di Torino condannava la società, rimasta contumace, a pagare al ricorrente S. a titolo di maturato T.F.R. la somma di 6.4317,91.
La società datrice di lavoro non eseguiva la sentenza.
Con lettera raccomandata del 12 luglio 2002, il sig. S.I. richiedeva all’INPS-Fondo di Garanzia per il trattamento di fine rapporto il pagamento del predetto T.F.R, ritenendo che l’obbligo di intervento del Fondo di Garanzia citato scaturisse dal fatto di aver esperito nel 2001 una esecuzione forzata negativa ai danni della stessa Gr. che, secondo l’assunto del lavoratore, sarebbe tornata in bonis dopo la chiusura della procedura concorsuale.
L’INPS negava la prestazione in considerazione del fatto che il lavoratore non aveva insinuato il suo credito al passivo fallimentare, non essendo sufficiente per l’intervento del Fondo di Garanzia l’esperimento di esecuzioni forzate individuali nel caso in cui il datore di lavoro, come la Gr. s.r.l., sia oggetto alla disciplina delle procedure fallimentari.
Pertanto, con ricorso depositato l’8 gennaio 2007, il sig. S. conveniva in giudizio l’INPS dinanzi al Tribunale di Torino per sentire condannare l’Istituto al pagamento in suo favore del trattamento di fine rapporto dovutogli dalla Gr. s.r.l. sua ex datrice di lavoro così come accertato dalla sentenza n. 1294/2000 del medesimo Tribunale torinese, dopo la chiusura del fallimento della società debitrice.
 Il ricorrente esponeva di non aver fatto valere il suo credito nell’ambito della procedura fallimentare ormai chiusa per averla ignorata, documentando l’inutile tentativo di esecuzione forzata individuale nei confronti della società menzionata.
Si costituiva in giudizio l’INPS e chiedeva il rigetto del ricorso.
Il Tribunale di Torino accoglieva il ricorso proposto da S.I. e condannava il convenuto INPS a pagare al medesimo la somma di Euro 4.317,91 a titolo di T.F.R dovuto da parte della ex datrice di lavoro, s.r.l. Gr., dichiarata fallita.
2. A seguito di appello dell’INPS, nel contraddittorio con l’appellato, la Corte di appello di Torino, con sentenza n. 244/2009, ha respinto il gravame proposto dall’INPS e lo ha condannato al pagamento delle spese di lite del grado di giudizio.
3. Avverso detta sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’INPS.
 Resiste con controricorso la parte intimata. L’Inps ha anche depositato memoria.
 
Motivi della decisione
 
1. Con il ricorso, articolato in due motivi, l’Istituto deduce la prescrizione quinquennale del diritto azionato dall’originario ricorrente e comunque, nel merito, sostiene l’infondatezza della pretesa attesa la mancata insinuazione del credito per il TFR nel fallimento.
 
 2. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il diritto del lavoratore di ottenere dall’INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del trattamento di fine rapporto ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro e, pertanto, la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del Fondo di garanzia è quella ordinaria (decennale); cfr. in proposito Cass., sez. Iav., n. 24 febbraio 2006, n. 4183. Più recentemente Cass., sez. VI-L, 9 giugno 2014, n. 12971, ha ribadito che il diritto del lavoratore di ottenere dall’Inps, in caso di insolvenza del datore di lavoro, la corresponsione del t.f.r. a carico dello speciale fondo di cui all’art. 2 l. 29 maggio 1982 n. 297, ha natura di diritto di credito ad una prestazione previdenziale, ed è perciò distinto ed autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro (restando esclusa, pertanto, la fattispecie di obbligazione solidale), diritto che si perfeziona (non con la cessazione del rapporto di lavoro ma) al verificarsi dei presupposti previsti da detta legge (insolvenza del datore di lavoro, verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo, ovvero all’esito di procedura esecutiva), con la conseguenza che, prima che si siano verificati tali presupposti, nessuna domanda di pagamento può essere rivolta all’Inps e, pertanto, non può decorrere la prescrizione del diritto del lavoratore nei confronti del fondo di garanzia. Cfr. anche Cass., sez. lav., 17 gennaio 2014, n. 901, secondo cui il credito per trattamento di fine rapporto maturato durante il periodo di cassa integrazione, in quanto non compensativo di prestazioni di lavoro effettivamente rese, ha natura previdenziale e non retributiva, in quanto inteso ad assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore temporaneamente ed involontariamente disoccupato, con conseguente soggezione alla prescrizione ordinaria decennale. Per la durata decennale della prescrizione v. anche Cass., sez. lav., 1 febbraio 2010, n. 2278.
 
 3. Infondato è anche il secondo motivo.
Questa Corte (Cass., sez. lav., 22 maggio 2007, n. 11945) ha affermato in proposito che in caso di fallimento del datore di lavoro, il pagamento del trattamento di fine rapporto da parte del fondo di garanzia istituito presso l’Inps richiede, secondo la disciplina di cui all’art. 2 legge n. 297 del 1982, che il lavoratore assolva all’onere di dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa del fallimento e che il suo credito è stato ammesso nello stato passivo. Però, ove l’ammissione del credito nello stato passivo sia reso impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo intervenuta dopo la proposizione, da parte del lavoratore, della domanda di insinuazione ma prima dell’udienza fissata per l’esame della domanda suddetta, il lavoratore che intenda chiedere l’intervento del fondo di garanzia ha l’onere di procedere preventivamente, ai sensi del quinto comma dell’art. 2, ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato “in bonis” con la chiusura del fallimento. Ed è ciò che – secondo l’accertamento della Corte d’appello confermativo di quello del tribunale – ha fatto nella specie lo S. . D’altra parte l’INPS non ha allegato né provato che lo S. si sarebbe potuto insinuare nel fallimento. Cfr. anche Cass., sez. lav., 8 marzo 2012, n. 3640, che parimenti ha affermato che, ove l’ammissione del credito nello stato passivo sia stata resa impossibile dalla chiusura della procedura per insufficienza dell’attivo intervenuta prima che il lavoratore abbia avuto la possibilità di ottenere la verifica del proprio credito, il lavoratore che intenda chiedere l’intervento del fondo di garanzia ha l’onere di procedere preventivamente, ai sensi del quinto comma del suddetto art. 2, ad esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro tornato in bonis con la chiusura del fallimento.
 
4. Il ricorso nel suo complesso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 100,00 (cento) per esborsi oltre Euro 1.500,00 (millecinquecento) per compensi d’avvocato ed oltre spese generali e accessori di legge.
  
 

Legge anticorruzione in Gazzetta

altE’ stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 marzo 2015 la Legge 27 maggio 2015, n. 69, in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, la cosiddetta legge anticorruzione.  La legge va a ritoccare le norme del codice penale con un generalizzato aumento delle pene in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, e aggiorna, altresì, le norme del codice civile, in materia societaria. La nuova normativa entra in vigore il 14 giugno 2015.
 
Di seguito il testo della Legge 27 maggio 2015, n. 69:
 
Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio.
 
Capo I
 
Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso, nonche’ ulteriori modifiche al codice di procedura penale, alle relative norme di attuazione e alla legge 6 novembre 2012, n. 190. 
 
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
 
 IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 
Promulga la seguente legge:
 
Art. 1
 Modifiche alla disciplina sanzionatoria in materia di delitti contro la pubblica amministrazione 
1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 32-ter, secondo comma, la parola: «tre» e’ sostituita dalla seguente: «cinque»;
b) all’articolo 32-quinquies, la parola: «tre» e’ sostituita dalla seguente: «due»;
c) all’articolo 35, secondo comma, le parole: «quindici giorni» sono sostituite dalle seguenti: «tre mesi» e le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «tre anni»;
d) all’articolo 314, primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro anni a dieci anni e sei mesi»;
e) all’articolo 318, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a sei anni»;
f) all’articolo 319, le parole: «da quattro a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dieci anni»;
g) all’articolo 319-ter:
1) al primo comma, le parole: «da quattro a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a dodici anni»;
2) al secondo comma, le parole: «da cinque a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei a quattordici anni» e le parole: «da sei a venti anni» sono sostituite dalle seguenti: «da otto a venti anni»;
h) all’articolo 319-quater, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei anni a dieci anni e sei mesi»;
i) all’articolo 323-bis:
1) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma: «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilita’ trasferite, la pena e’ diminuita da un terzo a due terzi»;
2) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Circostanze attenuanti».
 
Art. 2
Modifica all’articolo 165 del codice penale, in materia di sospensione condizionale della pena 
1. Dopo il terzo comma dell’articolo 165 del codice penale e’ inserito il seguente: «Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena e’ comunque subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecunaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno».
 
Art. 3
Modifica dell’articolo 317 del codice penale, in materia di concussione 
1. L’articolo 317 del codice penale e’ sostituito dal seguente: «Art. 317 (Concussione). – Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualita’ o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilita’, e’ punito con la reclusione da sei a dodici anni».
 
Art. 4
Introduzione dell’articolo 322-quater del codice penale, in materia di riparazione pecuniaria 
1. Dopo l’articolo 322-ter del codice penale e’ inserito il seguente: «Art. 322-quater (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, e’ sempre ordinato il pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all’articolo 319-ter, in favore dell’amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno».
 
Art. 5
Associazioni di tipo mafioso, anche straniere 
1. All’articolo 416-bis del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) al primo comma, le parole: «da sette a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dieci a quindici anni»; b) al secondo comma, le parole: «da nove a quattordici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a diciotto anni»; c) al quarto comma, le parole: «da nove a quindici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a venti anni» e le parole: «da dodici a ventiquattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quindici a ventisei anni».
 
Art. 6
Integrazione dell’articolo 444 del codice di procedura penale, in materia di applicazione della pena su richiesta delle parti 
1. All’articolo 444 del codice di procedura penale, dopo il comma 1-bis e’ inserito il seguente: «1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l’ammissibilita’ della richiesta di cui al comma 1 e’ subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato».
 
Art. 7
Informazione sull’esercizio dell’azione penale per i fatti di corruzione 
1. All’articolo 129, comma 3, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Quando esercita l’azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, il pubblico ministero informa il presidente dell’Autorita’ nazionale anticorruzione, dando notizia dell’imputazione».
 
Art. 8
Modifiche alla legge 6 novembre 2012, n. 190 
1. All’articolo 1, comma 2, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo la lettera f) e’ inserita la seguente: «f-bis) esercita la vigilanza e il controllo sui contratti di cui agli articoli 17 e seguenti del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163». 2. All’articolo 1, comma 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Le stazioni appaltanti sono tenute altresi’ a trasmettere le predette informazioni ogni semestre alla commissione di cui al comma 2». 3. All’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n. 190, dopo il comma 32 e’ inserito il seguente: «32-bis. Nelle controversie concernenti le materie di cui al comma 1, lettera e), dell’articolo 133 del codice di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo trasmette alla commissione ogni informazione o notizia rilevante emersa nel corso del giudizio che, anche in esito a una sommaria valutazione, ponga in evidenza condotte o atti contrastanti con le regole della trasparenza».
 
 
Capo II
 
Disposizioni penali in materia di societa’ e consorzi 
 
Art. 9
 Modifica dell’articolo 2621 del codice civile 
 1. L’articolo 2621 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 2621 (False comunicazioni sociali). – Fuori dai casi previsti dall’art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per se’ o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione e’ imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa’ o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica anche se le falsita’ o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla societa’ per conto di terzi».
 
Art. 10
Introduzione degli articoli 2621-bis e 2621-ter del codice civile 
1. Dopo l’articolo 2621 del codice civile sono inseriti i seguenti: «Art. 2621-bis (Fatti di lieve entita’). – Salvo che costituiscano piu’ grave reato, si applica la pena da sei mesi a tre anni di reclusione se i fatti di cui all’articolo 2621 sono di lieve entita’, tenuto conto della natura e delle dimensioni della societa’ e delle modalita’ o degli effetti della condotta. Salvo che costituiscano piu’ grave reato, si applica la stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti di cui all’articolo 2621 riguardano societa’ che non superano i limiti indicati dal secondo comma dell’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. In tale caso, il delitto e’ procedibile a querela della societa’, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale. Art. 2621-ter (Non punibilita’ per particolare tenuita’). – Ai fini della non punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, il giudice valuta, in modo prevalente, l’entita’ dell’eventuale danno cagionato alla societa’, ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis».
 
Art. 11
Modifica dell’articolo 2622 del codice civile 
1. L’articolo 2622 del codice civile e’ sostituito dal seguente: «Art. 2622 (False comunicazioni sociali delle societa’ quotate). – Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per se’ o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione e’ imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa’ o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni. Alle societa’ indicate nel comma precedente sono equiparate: 1) le societa’ emittenti strumenti finanziari per i quali e’ stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea; 2) le societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano; 3) le societa’ che controllano societa’ emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea; 4) le societa’ che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsita’ o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla societa’ per conto di terzi».
 
Art. 12
Modifiche alle disposizioni sulla responsabilita’ amministrativa degli enti in relazione ai reati societari 
1. All’articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’alinea e’ sostituito dal seguente: «In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:»; b) la lettera a) e’ sostituita dalla seguente: «a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote»; c) dopo la lettera a) e’ inserita la seguente: «a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote»; d) la lettera b) e’ sostituita dalla seguente: «b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote»; e) la lettera c) e’ abrogata.
 
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
 
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
 
Data a Roma, addi’ 27 maggio 2015
 
MATTARELLA
 
Renzi, Presidente del Consiglio dei ministri
 
Visto, il Guardasigilli: Orlando
 

·Giugno 2015 – Fort Lauderdale Florida: l’auto di servizio dello studio legale Reboa

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Una Cinquecento alla conquista dell’America: lo studio legale Reboa varca l’oceano! Lo studio infatti ha aperto una seconda sede negli USA, a Fort Laudardale Florida, la cui conduzione e gestione è affidata al Dr. Massimo Reboa. Il socio dello studio sembra essere diventato un americano a tutti gli effetti, tant’è che ha voluto personalizzare la propria auto con il proprio nome.

I reati contro l’ambiente

altE’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.122 del 28-5-2015 la Legge n° 68 del 22 maggio 2015 che introduce il Titolo VI-bis del codice penale,titolato “Dei delitti contro l’ambiente”, che contiene i nuovi articoli  452 del codice penale dall’art 452-bis all’art. 452-terdecies, che prevedono reati come quello di “Inquinamento ambientale” o quello “disastro ambientale”. La nuova normativa entra in vigore oggi 29 maggio 2015.
 
Di seguito il testo della Legge 22 maggio 2015, n. 68:
 
Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente.
 
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;
 
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
 Promulga
 la seguente legge:
 
Art. 1
 1. Dopo il titolo VI del libro secondo del codice penale e’inserito il seguente;
«Titolo VI-bis – Dei delitti contro l’ambiente.
 Art. 452-bis. (Inquinamento ambientale). – E’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili;
 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
 2) di un ecosistema, della biodiversita’, anche agraria, della flora o della fauna.
 Quando l’inquinamento e’ prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e’ aumentata.
 Art. 452-ter. (Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale). – Se da uno dei fatti di cui all’articolo 452-bis deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, ad eccezione delle ipotesi in cui la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni; se ne deriva una lesione grave, la pena della reclusione da tre a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la pena della reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva la morte, la pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Nel caso di morte di piu’ persone, di lesioni di piu’ persone, ovvero di morte di una o piu’ persone e lesioni di una o piu’ persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l’ipotesi piu’ grave, aumentata fino al triplo, ma la pena della reclusione non puo’ superare gli anni venti.
Art. 452-quater. (Disastro ambientale). – Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale e’ punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
 Costituiscono disastro ambientale alternativamente;
 1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
 3) l’offesa alla pubblica incolumita’ in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
 Quando il disastro e’ prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e’ aumentata.
 Art. 452-quinquies. (Delitti colposi contro l’ambiente). – Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater e’ commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi.
Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo.
Art. 452-sexies. (Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattivita’). – Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, e’ punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattivita’.
La pena di cui al primo comma e’ aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento;
 1) delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
 2) di un ecosistema, della biodiversita’, anche agraria, della flora o della fauna.
 Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumita’
 delle persone, la pena e’ aumentata fino alla meta’.
Art. 452-septies. (Impedimento del controllo). – Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attivita’ di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti, e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art. 452-octies. (Circostanze aggravanti). – Quando l’associazione di cui all’articolo 416 e’ diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate.
Quando l’associazione di cui all’articolo 416-bis e’ finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attivita’
 economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate.
 Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla meta’ se dell’associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
 Art. 452-novies. (Aggravante ambientale). – Quando un fatto gia’ previsto come reato e’ commesso allo scopo di eseguire uno o piu’ tra i delitti previsti dal presente titolo, dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell’ambiente, ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o piu’ norme previste dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l’ambiente, la pena nel primo caso e’ aumentata da un terzo alla meta’ e nel secondo caso e’ aumentata di un terzo. In ogni caso il reato e’ procedibile d’ufficio.
 Art. 452-decies. (Ravvedimento operoso). – Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo, per il delitto di associazione per delinquere di cui all’articolo 416 aggravato ai sensi dell’articolo 452-octies, nonche’ per il delitto di cui all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono diminuite dalla meta’ a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, e diminuite da un terzo alla meta’ nei confronti di colui che aiuta concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.
Ove il giudice, su richiesta dell’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado disponga la sospensione del procedimento per un tempo congruo, comunque non superiore a due anni e prorogabile per un periodo massimo di un ulteriore anno, al fine di consentire le attivita’ di cui al comma precedente in corso di esecuzione, il corso della prescrizione e’ sospeso.
 Art. 452-undecies. (Confisca). – Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies del presente codice, e’ sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato.
Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilita’ e ne ordina la confisca.
I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilita’ della pubblica amministrazione competente e vincolati all’uso per la bonifica dei luoghi.
L’istituto della confisca non trova applicazione nell’ipotesi in cui l’imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attivita’ di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.
Art. 452-duodecies. (Ripristino dello stato dei luoghi). – Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dal presente titolo, il giudice ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l’esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all’articolo 197 del presente codice.
 Al ripristino dello stato dei luoghi di cui al comma precedente si applicano le disposizioni di cui al titolo II della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ripristino ambientale.
Art. 452-terdecies. (Omessa bonifica). – Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un’autorita’ pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi e’ punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000».
2. All’articolo 257 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni;
 a) al comma 1 sono premesse le seguenti parole: «Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato,»;
b) il comma 4 e’ sostituito dal seguente;
«4. L’osservanza dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce condizione di non punibilita’ per le contravvenzioni ambientali contemplate da altre leggi per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma 1».
3. All’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma;
«4-bis. E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilita’ e ne ordina la confisca».
4. All’articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, dopo la parola: «416-bis,»
sono inserite le seguenti: «452-quater, 452-octies, primo comma,» e dopo le parole: «dalla legge 7 agosto 1992, n. 356,» sono inserite le seguenti: «o dall’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni,».
5. All’articolo 32-quater del codice penale, dopo la parola: «437,»
sono inserite le seguenti: «452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies,» e dopo la parola: «644» sono inserite le seguenti: «, nonche’ dall’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
 152, e successive modificazioni».
6. All’articolo 157, sesto comma, secondo periodo, del codice penale, dopo le parole: «sono altresi’ raddoppiati» sono inserite le seguenti: «per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo,».
7. All’articolo 118-bis, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: «del codice» sono inserite le seguenti: «, nonche’ per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del codice penale,», dopo le parole: «presso la Corte di appello» sono inserite le seguenti: «nonche’ all’Agenzia delle entrate ai fini dei necessari accertamenti» ed e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del codice penale e all’articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, ne da’ altresi’ notizia al Procuratore nazionale antimafia».
8. All’articolo 25-undecies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni;
 a) al comma 1, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti;
«a) per la violazione dell’articolo 452-bis, la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote;
 b) per la violazione dell’articolo 452-quater, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote;
 c) per la violazione dell’articolo 452-quinquies, la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;
 d) per i delitti associativi aggravati ai sensi dell’articolo 452-octies, la sanzione pecuniaria da trecento a mille quote;
 e) per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattivita’ ai sensi dell’articolo 452-sexies, la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote;
 f) per la violazione dell’articolo 727-bis, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote;
 g) per la violazione dell’articolo 733-bis, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote»;
b) dopo il comma 1 e’ inserito il seguente;
«1-bis. Nei casi di condanna per i delitti indicati al comma 1, lettere a) e b), del presente articolo, si applicano, oltre alle sanzioni pecuniarie ivi previste, le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, per un periodo non superiore a un anno per il delitto di cui alla citata lettera a)».
9. Dopo la parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
 152, e successive modificazioni, e’ aggiunta la seguente;
«Parte sesta-bis. – Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale.
Art. 318-bis. (Ambito di applicazione). – 1. Le disposizioni della presente parte si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal presente decreto che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette.
Art. 318-ter. (Prescrizioni). – 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria impartisce al contravventore un’apposita prescrizione asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario. In presenza di specifiche e documentate circostanze non imputabili al contravventore che determinino un ritardo nella regolarizzazione, il termine puo’ essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che e’ comunicato immediatamente al pubblico ministero.
 2. Copia della prescrizione e’ notificata o comunicata anche al rappresentante legale dell’ente nell’ambito o al servizio del quale opera il contravventore.
 3. Con la prescrizione l’organo accertatore puo’ imporre specifiche misure atte a far cessare situazioni di pericolo ovvero la prosecuzione di attivita’ potenzialmente pericolose.
 4. Resta fermo l’obbligo dell’organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato relativa alla contravvenzione, ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.
Art. 318-quater. (Verifica dell’adempimento). – 1. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell’articolo 318-ter, l’organo accertatore verifica se la violazione e’ stata eliminata secondo le modalita’ e nel termine indicati dalla prescrizione.
 2. Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonche’ l’eventuale pagamento della predetta somma.
 3. Quando risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore ne da’ comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione.
Art. 318-quinquies. (Notizie di reato non pervenute dall’organo accertatore). – 1. Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne da’
 comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinche’ provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater.
 2. Nel caso previsto dal comma 1, l’organo di vigilanza o la polizia giudiziaria informano il pubblico ministero della propria attivita’ senza ritardo.
Art. 318-sexies. (Sospensione del procedimento penale). – 1. Il procedimento per la contravvenzione e’ sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’articolo 318-quater, commi 2 e 3, del presente decreto.
 2. Nel caso previsto dall’articolo 318-quinquies, comma 1, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato al comma 1 del presente articolo.
 3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, l’assunzione delle prove con incidente probatorio, ne’ gli atti urgenti di indagine preliminare, ne’ il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.
Art. 318-septies. (Estinzione del reato). – 1. La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto dall’articolo 318-quater, comma 2.
 2. Il pubblico ministero richiede l’archiviazione se la contravvenzione e’ estinta ai sensi del comma 1.
 3. L’adempimento in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell’articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalita’ diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza sono valutati ai fini dell’applicazione dell’articolo 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare e’ ridotta alla meta’ del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
 Art. 318-octies. (Norme di coordinamento e transitorie). – 1. Le norme della presente parte non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima parte».
 
Art. 2 
 1. All’articolo 1 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, sono apportate le seguenti modificazioni;
 a) al comma 1, alinea, le parole: «con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda da lire quindici milioni a lire centocinquanta milioni» sono sostituite dalle seguenti: «con l’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da euro quindicimila a euro centocinquantamila»;
b) il comma 2 e’ sostituito dal seguente;
«2. In caso di recidiva, si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro trentamila a euro trecentomila.
Qualora il reato suddetto sia commesso nell’esercizio di attivita’ di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi ad un massimo di due anni»;
c) al comma 3, le parole: «e’ punita con la sanzione amministrativa da lire tre milioni a lire diciotto milioni» sono sostituite dalle seguenti: «e’ punita con la sanzione amministrativa da euro seimila a euro trentamila».
2. All’articolo 2 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, sono apportate le seguenti modificazioni;
 a) al comma 1, alinea, le parole: «con l’ammenda da lire venti milioni a lire duecento milioni o con l’arresto da tre mesi ad un anno» sono sostituite dalle seguenti: «con l’ammenda da euro ventimila a euro duecentomila o con l’arresto da sei mesi ad un anno»;
b) il comma 2 e’ sostituito dal seguente;
«2. In caso di recidiva, si applica la pena dell’arresto da sei mesi a diciotto mesi e dell’ammenda da euro ventimila a euro duecentomila. Qualora il reato suddetto sia commesso nell’esercizio di attivita’ di impresa, alla condanna consegue la sospensione della licenza da un minimo di sei mesi ad un massimo di diciotto mesi»;
c) al comma 3, le parole: «e’ punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire dodici milioni» sono sostituite dalle seguenti: «e’ punita con la sanzione amministrativa da euro tremila a euro quindicimila»;
d) al comma 4, le parole: «e’ punito con la sanzione amministrativa da lire due milioni a lire dodici milioni» sono sostituite dalle seguenti: «e’ punito con la sanzione amministrativa da euro tremila a euro quindicimila».
3. All’articolo 5 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, il comma 6 e’ sostituito dal seguente;
«6. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3 e 5-bis e’ punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa da euro seimila a euro trentamila».
4. All’articolo 6 della legge 7 febbraio 1992, n. 150, sono apportate le seguenti modificazioni;
 a) il comma 4 e’ sostituito dal seguente;
«4. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 e’ punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda da euro quindicimila a euro trecentomila»;
b) il comma 5 e’ sostituito dal seguente;
«5. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 3 e’ punito con la sanzione amministrativa da euro diecimila a euro sessantamila».
5. All’articolo 8-bis della legge 7 febbraio 1992, n. 150, il comma 1-bis e’ sostituito dal seguente;
«1-bis. Chiunque contravviene alle disposizioni di cui al comma 1 e’ punito, salvo che il fatto costituisca reato, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro cinquecento a euro duemila».
6. All’articolo 8-ter della legge 7 febbraio 1992, n. 150, il comma 5 e’ sostituito dal seguente;
«5. Chiunque contravviene alle disposizioni previste al comma 2 e’ punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa da euro cinquemila a euro trentamila».
 
Art. 3 
1. Le disposizioni di cui alla presente legge entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della medesima legge nella Gazzetta Ufficiale.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
 
Data a Roma, addi’ 22 maggio 2015 MATTARELLA Renzi,
 Presidente del Consiglio dei ministri
 Visto, il Guardasigilli: Orlando