La gamba tesa dell’arbitro
14 Dicembre 2010, mentre al Circolo Canottieri Roma si celebrava il 35ale di questa testata con la presentazione del libro <<da P.le Appio a P.le Clodio>>, nelle strade di Roma si scatenava la rabbia dei gruppi estremisti di sinistra.
Il Parlamento aveva confermato la fiducia a Berlusconi, l’asse Bersani / Fini / Casini aveva fallito il proprio obiettivo.
Appena una settimana dopo Silvio Berlusconi riceveva il regalo di Natale dell’iscrizione nel registro degli indagati per il caso <<Rubygate>> ed il 13 Gennaio 2011 la Corte Costituzionale faceva saltare parzialmente l’impianto del legittimo impedimento, permettendo così di fatto al Tribunale di Milano di processare il Presidente del Consiglio.
Una consecutio temporum così evidente dimostra come le azioni della Magistratura e quelle delle opposizioni storiche e recenti si siano concentrate per far crollare il potere politico di Silvio Berlusconi.
La circostanza non è di per sé illegittima e non sarebbe innaturale se si articolasse nel senso che, in seguito ad azioni giudiziarie, le opposizioni abbiano trovato argomenti per sostenere le loro antitesi al Governo in carica. Si tratterebbe, anzi, di un comportamento fisiologicamente corretto della politica.
Sarebbe anche fisiologicamente corretto che le opposizioni stimolassero in casi clamorosi l’opera della Magistratura con denunce e prove degli eventuali reati, salvo assumersi la responsabilità politica di fronte al Paese di averne leso l’immagine internazionale ove, invece che produrre prove, gettassero del fango, secondo quello che sosteneva Voltaire (e, prima di lui, Bacone nel <<De dignitate et augmento scientiarum>>): <<calunniate, calunniate, qualcosa resterà>>.
Il fenomeno tutto italiano è che l’azione politica e quella della Magistratura sembrano invece sincronizzate, sicché i Pubblici Ministeri di Milano iscrivono Berlusconi nel registro degli indagati a Dicembre (al fine di processarlo con il rito immediato) per un evento di cui tutto il Paese aveva avuto notizia da molti mesi e solo dopo che il Parlamento ha rigettato la mozione di sua sfiducia.
I proverbi insegnano che <<tutti i nodi vengono al pettine>> insieme e, quindi, potrebbe essere fisiologico e non maliziosamente interpretabile che determinati eventi si svolgano in un arco temporale vicino, ma la sensazione che si ha, osservando la scena con il distacco del commentatore indipendente, è che Berlusconi sia sotto assedio e contro di lui si sia schierato non solo l’ex alleato Fini, ma anche l’arbitro.
Sono sensazioni umanamente inevitabili e che, nel calcio, portano i tifosi a rumoreggiare quando la propria squadra perde tre partite di seguito sempre a causa di un rigore contro concesso all’ultimo minuto. Né i tifosi mai crederanno che i rigori siano stati accordati perché, a causa di una cattiva preparazione atletica, i difensori erano stati costretti ad agire fallosamente solo negli ultimi minuti della partita.
Il fatto è che, in una nazione democratica, è molto grave che circa la metà degli elettori ritenga che si stia ricercando una soluzione giudiziaria in contrasto con la volontà popolare e l’altra metà <<tifi>> per la Magistratura (cioè per l’arbitro) dato che l’opposizione non è capace di unirsi su un progetto politico capace di andare oltre Berlusconi.
Né con vittimismo tutto italiano si dica che è la presenza stessa di Berlusconi ad impedire al sistema democratico di funzionare: il Presidente del Consiglio fa esattamente quello che avviene quotidianamente negli Stati Uniti: utilizza denaro, mass media e potere personale per fare politica.
Non è colpa di Berlusconi se Bersani non ha nemmeno il carisma necessario a tenere unito il Partito Democratico, se Fini, smentendo il proprio passato ed imparentandosi con persone estranee a quello che appariva essere il suo modo di concepire la politica, abbia gettato nel fango un patrimonio di consensi che si era faticosamente costruito sull’eredità di Giorgio Almirante, se Di Pietro non venga percepito come il nobil signore per bene che vuole moralizzare la vita pubblica.
E’ dalla caduta del Fascismo che gli Italiani sono più bravi ad essere <<contro>> che capaci di crearsi spazi per costruire un paese moderno ed europeo.
Nel mentre in Italia si alternano sempre le medesime facce, in Francia, in Germania, in Inghilterra, in Spagna sono emersi volti nuovi: lì, ad ogni sconfitta, il partito che perde si rinnova e la vecchia classe dirigente lascia spazio ai giovani.
Non solo, ma la radicalizzazione della lotta contro Berlusconi da parte degli sconfitti dal voto popolare ha l’effetto di delegittimare quelle iniziative giudiziarie che si rivelino corrette nella forma e nella sostanza, perché con l’assedio non si circonda solo Berlusconi, ma anche chi lo ha votato o lo sostiene semplicemente perché ritiene che le alternative siano peggiori di Presidente del Consiglio.
Appartiene alla storia d’Italia l’invito del liberale Indro Montanelli a votare Democrazia Cristiana turandosi il naso: quindi la sinistra e Fini non dovrebbero ignorare come la guerra santa da essi scatenata si possa trasformare in un boomerang.
Paradossalmente, se invece di eleggere Napolitano quale Presidente della Repubblica, l’allora maggioranza di centro sinistra avesse fatto convergere i propri voti su Berlusconi, avrebbe sconfitto il berlusconismo e liberato tante energie bloccate dalla necessità di fare quadrato in una continua battaglia all’ultimo sangue.
Il problema è che i politici attuali non conoscono non solo la storia d’Italia, ma nemmeno la lingua latina. Promuoveatur ut amoveatur, insegnavano i Padri romani.
Ove Berlusconi fosse divenuto Capo dello Stato, avrebbe perduto l’interesse a mantenere un partito, avrebbe ottenuto di fatto quell’immunità di cui ha bisogno, avrebbe avuto solo un grande prestigio, ma poco potere. Sarebbe, insomma, passato alla storia e, al massimo, oggi si parlerebbe di un Quirinale meno austero a causa di un via vai di giovani donne…
Ma sarebbe il male minore, per un’Italia costretta a scegliere tra un puttaniere e chi sputtana la Nazione con una guerra di bande nel quale la fiducia per la Giustizia, quella con la <<G>> maiuscola si è ridotta a zero per degli interventi a gamba tesa dell’arbitro.
di Romolo Reboa*
* Avvocato del Foro di Roma
Fondo 1_2011