Il golpe democratico
E’ arduo tentare di dimostrare a qualcuno che lo stanno prendendo in giro, specie quando intorno a lui vi sono tante persone che creano confusione, dando le informazioni più disparate e contraddittorie. Ciò che rende ancor più difficile tale ingrato compito è che, in un simile contesto, per illustrare la realtà è necessario essere più noiosi di quello che lo era il Grillo Parlante con Pinocchio. E’ quindi con scarsa gioia che scrivo queste righe, pensando che è altissimo il rischio che qualche lettore, tediato da un incrocio assurdo di norme, potrebbe non riuscire ad arrivare sino alla fine della dissertazione. Tuttavia, dato che, per dimostrare una realtà scomoda, occorrono fatti e non proclami, non mi esimerò dall’ingrato compito. Si afferma che l’economia italiana rischia di andare in crisi perché si avvicina un momento di altissima instabilità a causa della contemporanea scadenza delle Camere (il 30 Aprile 2013) e della fine del mandato del Presidente, Giorgio Napolitano (il 15 Maggio 2013). Alla fine del suo mandato Giorgio Napolitano avrà 88 anni e, quindi, non appare anagraficamente nemmeno ipotizzabile una sua nuova candidatura per un altro settennato. Si sostiene anche che l’unica garanzia per l’Italia in Europa sarebbe Mario Monti. Nel frattempo i partiti politici disquisiscono di come cambiare la legge elettorale, cioè le regole del gioco democratico, malgrado la competizione sia legalmente quasi già aperta, come vedremo nelle righe che seguono. Sulla base di questi elementi si vorrebbe che gli Italiani accettassero qualsiasi scelta e in silenzio. E ciò che si profila è un nuovo golpe democratico, ove una abile regia di poteri forti porterà il Paese ad illudersi di aver scelto ciò che, viceversa, è stato deciso a tavolino. Il piatto che verrà servito sarà che, per la salvezza dell’Italia, è necessario votare Mario Monti, il quale solo all’ultimo minuto accetterà l’ingrato compito…Stimo molto l’attuale Presidente del Consiglio, pur non condividendo le sue scelte di attuare il risanamento economico attraverso la macelleria sociale, anche perché ho sempre apprezzato le persone dotate di cultura, educazione e preparazione, ritenendo tali qualità il presupposto per assumere cariche pubbliche di rilievo. Purtroppo la scelta dei politici di privilegiare nelle loro liste comici, ballerine, portaborse e gli altri simili personaggi che infestano il Parlamento illumina di una luce eccessiva chi sia da essi diverso. La prova del fatto che vi è un’intesa tra i partiti che rappresentano l’attuale maggioranza ed il Governo per arrivare ad una “soluzione elettorale guidata” che escluda dal Parlamento le voci del dissenso si rinviene utilizzando la logica ed analizzando la normativa elettorale. Iniziamo dalla logica: Mario Monti è persona di prestigio, gradito rappresentante dell’Italia sia da parte dell’Europa che dei poteri bancari dai quali proviene. Egli è sicuramente persona degna di rappresentare l’Italia al più alto livello. In questo momento ha una maggioranza parlamentare che nessuno potrebbe ipotizzare dopo le elezioni 2013 ed è stimato dal Presidente Napolitano, che lo ha fortemente voluto alla guida del Paese. Per evitare l’instabilità del doppio vuoto istituzionale della Primavera 2013 sarebbe sufficiente che, dopo aver ricevuto dai partiti una formale dichiarazione di convergenza sul nominativo di Mario Monti a Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano si dimettesse, rinunciando a sei mesi di presidenza. Una simile scelta da parte di un uomo di 87 anni del suo prestigio non dovrebbe essere particolarmente pesante, anche perché ne consacrerebbe l’operato nei libri di storia e consentirebbe al Paese di scegliere il nuovo Parlamento con serenità e senza coercizioni morali. Sulla grande stampa non si legge di alcuna proposta in tal senso: poiché la logica è la regina delle prove, si ritiene dimostrato che la partita che si gioca è un’altra, ove la libertà di scelta dell’elettore non è certamente privilegiata. Passiamo dalla logica all’analisi della normativa elettorale: il Parlamento dovrebbe essere rinnovato a fine Aprile 2013 e, comunque, non oltre l’8 Luglio 2013, atteso che l’art. 61 stabilisce che “le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti” e che i poteri delle Camere sono prorogati sino alla prima riunione delle nuove (avvenute il 30 Aprile 2008). Il che, incidentalmente, significa che l’attuale Parlamento potrebbe anche rimanere in carica il tempo necessario per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, senza necessità di dimissioni anticipate di Napolitano, ove il Consiglio dei Ministri ciò stabilisse ai sensi dell’art. 11 L. 361/1957 che recita che i “comizi elettorali sono convocati con decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri”. Il problema è che, ai sensi dell’art. 57 Cost., e che l’art. 14, 3° co., della L. 53/1990 stabilisce che le firme per le liste elettorali possono e devono essere raccolte nei sei mesi precedenti “il termine finale fissato per la presentazione delle candidature”. L’obbligo della raccolta delle firme vale solo per i partiti che non siano già rappresentati in Parlamento. Ne deriva che i nuovi partiti devono formare le liste ed iniziare a raccogliere le firme dal 30 Ottobre 2012, ma non possono farlo perché non si è provveduto a ripartire i seggi tra le circoscrizioni in seguito al censimento ISTAT 2011 e, se cambierà la legge elettorale mentre la raccolta delle firme è già iniziata, gli stessi dovranno ricominciare da capo e con meno tempo a disposizione. La maggioranza, cioè il consorzio di tutti i maggiori partiti, vivrà di rendita, alla faccia della democrazia auspicata dai Padri costituenti e il golpe democratico si potrà realizzare senza tanti clamori.
di Romolo Reboa*
Avvocato del Foro di Roma
Fondo 6_2012