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Author: Massimo Reboa

Iscrizione a ruolo telematica per le procedure esecutive mobiliari

altDi seguito le note che illustrano la procedura da eseguire telematicamente che prevede il deposito dell’atto di pignoramento e la relativa iscrizione a ruolo come adempimenti dell’avvocato e non più dell’ufficiale giudiziario.
 
 
Protocollo d’intesa ed istruzioni pratiche per il perfezionamento dell’iscrizione a ruolo ed il deposito di atti nelle procedure esecutive mobiliari    
Il Presidente della sezione quarta esecuzioni mobiliari del Tribunale di Roma Dott. Mario Bertuzzi, il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma Avv. Mauro Vaglio ed il Dirigente della Cancelleria della sezione D.ssa Flavia Urbani, in relazione alle problematiche sorte con l’entrata in vigore della obbligatorietà dei depositi telematici degli atti di parti nelle procedure esecutive, in pieno spirito di collaborazione ed al fine di agevolare l’attività di tutti i soggetti coinvolti, concordano sull’applicazione delle seguenti modalità per il compimento delle operazioni connesse ai depositi telematici presso la sezione. Le presenti modalità operative, in vigore dal 15/11/2014 saranno suscettibili di modifiche e perfezionamenti all’esito della loro pratica attuazione ed a seguito di riscontro della loro effettiva operatività pratica. 
 
ISCRIZIONE A RUOLO TELEMATICA DELLE PROCEDURE ESECUTIVE MOBILIARI (PIGNORAMENTI ORDINARI E PRESSO TERZI)
AVVERTENZA GENERALE: In senso tecnico il perfezionamento dell’iscrizione a ruolo di una procedura esecutiva (mobiliare od immobiliare) non costituisce un’iscrizione a ruolo effettiva in quanto all’atto del deposito del pignoramento da parte dell’Ufficiale Giudiziario si procede all’attribuzione del N.R.G. alla procedura. Per tale ragione i redattori atti (Software) per il Processo Telematico difettano dello schema di atto richiesto dalla sezione esecuzioni e qualora lo presentino esso non è completo.  Queste brevi note illustrano la procedura da seguire per l’adempimento di cui sopra fino a quando non entrerà in vigore (31 marzo 2015) la nuova normativa del c.p.c. che prevede il deposito dell’atto di pignoramento e la relativa iscrizione a ruolo come adempimenti dell’avvocato e non più dell’ufficiale giudiziario.  
 
COME PROCEDERE ALL’ISCRIZIONE TELEMATICA DI UN PIGNORAMENTO MOBILIARE O PRESSO TERZI
Una volta ottenuto ANNO e NUMERO DI RUOLO dell’esecuzione l’avvocato dovrà redigere un atto denominato:  
(1) – “Nota di iscrizione a ruolo di pignoramento mobiliare (o presso terzi)”  all’interno del quale andranno inseriti:  Dati anagrafici completi delle parti,  Generalità complete comprensive di codice fiscale di tutti gli avvocati difensori del creditore procedente (o comunque della parte per la quale si procede all’iscrizione a ruolo, si ricorda che potrà accedere alle informazioni ed ai documenti contenuti nel fascicolo informatico soltanto il difensore munito di delega, in nessun caso la visibilità degli atti e la possibilità di deposito potrà essere estesa al semplice domiciliatario).  Nell’atto andrà inoltre evidenziato il motivo dell’eventuale esenzione dal pagamento del contributo unificato.  detto atto costituirà un originale informatico in formato .pdf attraverso un’operazione di salvataggio di file (si ricorda che non è ammessa la scansione di immagine)  Affinchè il cancelliere possa avere riscontro delle cause di esenzione dal pagamento del contributo unificato per i pignoramenti presso terzi andrà inoltre acquisita tramite scanner ed inserita nella busta come allegato generico anche una copia informale dell’atto di pignoramento, detta copia dovrà essere firmata digitalmente dall’avvocato in fase di predisposizione della busta.
(2) – Successivamente si dovrà compilare (tramite il proprio Redattore Atti per il Processo Civile Telematico) una busta telematica scegliendo come categoria di atto sul redattore  ATTO DI PARTE SIECIC ESECUZIONI (ATTO SUCCESSIVO DELLE ESECUZIONI INDIVIDUALI) o definizioni similari  come tipologia di atto dovrà scegliere  DEPOSITO (DI ATTO) GENERICO  e come singolo atto  ATTO NON CODIFICATO   l’atto di cui sopra andrà inserito nella busta telematica come ATTO PRINCIPALE. (3) – Su un foglio separato l’avvocato dopo aver indicato ANNO e N.R.G. e le proprie generalità complete apporrà le marche lottomatica di pagamento del contributo unificato e dei diritti di cancelleria che verranno annullate apponendovi DATA e FIRMA. Detto foglio verrà acquisito tramite scansione ed inserito nella busta telematica.  In caso di PAGAMENTO TELEMATICO sarà sufficiente inserire nella relativa busta i file .p7m e .pdf della ricevuta medesima  In caso di pagamento mediante MODELLO F23 o BOLLETTINO POSTALE andrà inserita nella busta la scansione dello stesso COME DEPOSITARE LE ISTANZE DI ASSEGNAZIONE O DI VENDITA IN UN PIGNORAMENTO MOBILIARE O PRESSO TERZI.
Nei software di redazione atti per il processo telematico le ISTANZE DI ASSEGNAZIONE e le ISTANZE DI VENDITA  sono atti successivi al perfezionamento dell’iscrizione a ruolo e non possono essere inviati nella medesima busta telematica con la quale si invia la suddetta per ragioni tecniche di acquisizione degli atti da parte della cancelleria.  Pertanto in caso di invio di una delle suddette ISTANZE le medesime andranno selezionate nel redattore atti quali ATTO DI PARTE SIECIC ESECUZIONI (ATTO SUCCESSIVO DELLE ESECUZIONI INDIVIDUALI)ISTANZA DI ASSEGNAZIONE  oppure  ISTANZA DI VENDITA  dopo aver operato la selezione l’avvocato inserirà nella busta l’istanza che intende depositare, detto atto costituirà un originale informatico in formato .pdf attraverso un’operazione di salvataggio di file (si ricorda che non è ammessa la scansione di immagine).
COME DEPOSITARE IL TITOLO ESECUTIVO IN MODALITA’ TELEMATICA
Ai fini della fissazione della data dell’ udienza per l’assegnazione o la vendita il deposito del titolo esecutivo può essere effettuato anche in modalità telematica secondo le seguenti modalità:   (1) L’avvocato acquisisce tramite scanner il titolo esecutivo creando un file .pdf che costituisce la copia informatica per immagine del titolo.  (2) Redige altresì un documento informatico separato sottoscritto con firma digitale contenente la seguente dichiarazione:  “Si attesta la conformità all’originale in mio possesso del titolo esecutivo (DESCRIZIONE DEL TITOLO)”  Si dichiara inoltre che il suesteso titolo non è stato utilizzato in altra procedura esecutiva ovvero che lo stesso è stato utilizzato nella procedura esecutiva n……… dinanzi al Tribunale di ………. attualmente pendente ovvero conclusasi senza assegnazione ovvero con assegnazione parziale.”  Entrambe i file (titolo e dichiarazione) andranno inseriti come allegati semplici nella busta con la quale si deposita la richiesta di iscrizione a ruolo o l’istanza di assegnazione o di vendita.
 
AVVERTENZA IMPORTANTE: Resta ferma l’assoluta necessità, sulla base dell’attuale disciplina normativa, ai sensi dell’art. 488, comma 2, c.p.c., del DEPOSITO DEL TITOLO ESECUTIVO IN ORIGINALE AI FINI DELL’ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI ASSEGNAZIONE O DI VENDITA FIN DALLA PRIMA UDIENZA  DETTO DEPOSITO DOVRA’ AVVENIRE PREFERIBILMENTE IN UDIENZA. NEL CASO DI PIGNORAMENTO MOBILIARE CHE NON SUPERI I 20.000€, IL DEPOSITO DEL TITOLO ESECUTIVO ORIGINALE DOVRA’ AVVENIRE NON OLTRE 30GG DALL’ACCETTAZIONE DELLA NOTA D’ISCRIZIONE A RUOLO, AL FINE DI CONSENTIRE AL G.E. L’ADOZIONE DEL PROVVEDIMENTO DI ASSEGNAZIONE O DI VENDITA CON DECRETO. COME DEPOSITARE LE ISTANZE DI RINUNCIA O DI RITIRO TITOLI ANTECEDENTI IL PAGAMENTO DEL CONTRIBUTO UNIFICATO  Anche per questo tipo di richieste occorre provvedere al deposito telematico, operando la seguente selezione:  ATTO DI PARTE SIECIC ESECUZIONI (ATTO SUCCESSIVO DELLE ESECUZIONI INDIVIDUALI) o definizioni similari  come tipologia di atto dovrà scegliere  DEPOSITO (DI ATTO) GENERICO e come singolo atto  ISTANZA DI RINUNCIA nel caso di rinuncia o ATTO NON CODIFICATO in caso di semplice richiesta di ritiro titoli  dopo aver operato la selezione l’avvocato inserirà nella busta l’istanza che intende depositare, detto atto costituirà un originale informatico in formato .pdf attraverso un’operazione di salvataggio di file (si ricorda che non è ammessa la scansione di immagine) l’atto di cui sopra andrà inserito nella busta telematica come ATTO PRINCIPALE.   Nel caso in esame l’avvocato è tenuto a corrispondere l’imposta di bollo pari ad € 16,00 (sedici/00)  Pertanto su un foglio separato l’avvocato dopo aver indicato ANNO e N.R.G. e le proprie generalità complete apporrà le marche lottomatica di pagamento del bollo di cui sopra che verranno annullate apponendovi DATA e FIRMA. Detto foglio verrà acquisito tramite scansione ed inserito nella busta telematica.  In caso di PAGAMENTO TELEMATICO sarà sufficiente inserire nella relativa busta i file .p7m e .pdf della ricevuta medesima  In caso di pagamento mediante MODELLO F23 o BOLLETTINO POSTALE andrà inserita nella busta la scansione dello stesso.
 

Il crollo della palazzina dei VVFF a Capanelle

Incendio alle Capannelle, l'avv. Romolo Reboa ha difeso i familiari delle vittime

Tragedia alla Scuola anti.incendi di Roma Capannelle durante i lavori di ristrutturazione, dove hanno perso la vita tre operai. L’avv. Romolo Reboa ha rappresentato e difeso i familiari delle vittime. 

Il corriere della sera ha seguito la vicenda dell'incendio della palazzina dei pompieri seguita dall'avv. Romolo Reboa  Corriere della Sera (25 gennaio 1992) – Crollo in casa dei pompieri;

alt ADNKronos (24 gennaio 1992) – VVFF: Pastorelli nomina Commissione su crollo a Roma; 

alt ADNKronos (4 giugno 1998) – Vigili del fuoco: Tofani “Barbieri chiami i pompieri”;

 

Circolare ministeriale su PCT ed obblighi di cancelleria

Con  la circolare del 28 ottobre 2014 il Dipartimento per gli Affari di Giustizia del Ministero della Giustizia aggiorna le indicazioni da seguire per il Processo Civile Telematico. Di seguito il testo integrale della circolare:
  
 
 Ministero della Giustizia
 Dipartimento per gli Affari di Giustizia
 Direzione Generale della Giustizia Civile
 
 Al Sig. Presidente della Corte Suprema di Cassazione
 Ai Sigg.ri Presidenti di Corte d’Appello
 Ai Sigg.ri Presidenti di Tribunale
 LORO SEDI
 e p.c. Al Sig. Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione
 ROMA
 Al Sig. Capo di Gabinetto
 SEDE
 
Oggetto: adempimenti di cancelleria conseguenti all' entrata in vigore degli obblighi di cui agli artt. 16 bis e sgg. d.l. n.179/2012 e del d.l. n. 90/2014. Testo consolidato aggiornato al 27 ottobre 2014.
 
1. Premessa e ricognizione delle novità normative
 
L'art. 16 bis, comma 1, d.l. 179/12, convertito in legge n. 221/2012, prevede che dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite (che per comodità e chiarezza verranno da qui in avanti definiti semplicemente “atti endoprocessuali”) ha luogo esclusivamente con modalità telematiche. Allo stesso modo si procede per il deposito degli atti e dei documenti da parte dei soggetti nominati o delegati dall'autorità giudiziaria (Consulenti tecnici, custodi ecc.).
L’art. 44, comma 1 d.l. n. 90/2014 prevede che le disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 del citato art. 16 bis si applicano esclusivamente ai procedimenti innanzi al tribunale ordinario iniziati dal 30 giugno 2014. Invece, per i procedimenti iniziati prima del 30 giugno 2014, le predette disposizioni si applicano a decorrere dal 31 dicembre 2014; fino a tale data, il deposito degli atti processuali e dei documenti può essere effettuato, alternativamente, con modalità telematiche o su supporto analogico.
 
 A seguito delle ultime modifiche normative si determina, quindi, la seguente situazione:
 
per i procedimenti instaurati a decorrere dal 30 giugno 2014 il deposito degli atti endoprocessuali, provenienti dalle parti costituite ovvero dagli ausiliari del giudice, avviene esclusivamente mediante invio telematico. Le cancellerie, quindi, da tale data, nei procedimenti di nuova instaurazione, non dovranno più ricevere il deposito in forma cartacea degli atti endoprocessuali di parte, salve le eccezioni di cui ai commi 8 e 9 art.16 bis d.l. 179/12 cit. ;
   
per i procedimenti instaurati prima del 30 giugno 2014 è facoltà della parte, fino al 30 dicembre 2014, scegliere se depositare atti e documenti in forma cartacea o mediante invio telematico. Dal 31 dicembre 2014, anche nei procedimenti già pendenti, sarà consentito il deposito di atti endoprocessuali esclusivamente mediante invio telematico.
 
In definitiva, le cancellerie, dal 30 giugno 2014, avranno cura di accettare qualsiasi atto endoprocessuale depositato in via telematica.
 
L’entrata in vigore di tale modalità di deposito costituisce tappa fondamentale verso un processo civile integralmente telematico ma non costituisce, di per sé, entrata in vigore del c.d. Processo Civile Telematico (PCT) e non ne completa il percorso.
Dal 30 giugno prossimo, infatti, soltanto una, pur rilevante, porzione degli atti e documenti processuali verrà obbligatoriamente depositata mediante invio telematico.
 
Si ritiene che l’entrata in vigore delle norme di cui all’art. 16 bis d.l. cit. non innovi in alcun modo la disciplina previgente in ordine alla necessità di un provvedimento ministeriale per l’abilitazione alla ricezione degli atti introduttivi e di costituzione in giudizio. Dunque, nei tribunali già abilitati a ricevere tali atti processuali ai sensi dell’art. 35 DM 44/11, continuerà a costituire facoltà (e non obbligo) delle parti, quella di inviare anche gli atti introduttivi o di costituzione in giudizio mediante deposito telematico.
 
 Laddove, invece, tale abilitazione non sussista, essa dovrà essere richiesta.
 
Nelle ipotesi in cui le parti procedano al deposito telematico dell’atto introduttivo o di costituzione in giudizio in assenza della predetta abilitazione, la valutazione circa la legittimità di tali depositi, involgendo profili prettamente processuali, sarà di esclusiva competenza del giudice. Di conseguenza non spetta al cancelliere la possibilità di rifiutare il deposito degli atti introduttivi (e/o di costituzione in giudizio) inviati dalle parti, anche presso quelle sedi che non abbiano ottenuto l’abilitazione ex art. 35 D.M. n.44/11.
 
 2. Tenuta del fascicolo su supporto cartaceo.
 
Anche una volta divenuta efficace la disposizione di cui al citato art. 16 bis, può sorgere la necessità per la cancelleria di formare e custodire i fascicoli cartacei secondo le modalità previste dalle vigenti norme di legge e di regolamento.
Se è vero, infatti, che l’art. 9 DM 44/2011 statuisce che “la tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo”, la norma stessa fa salvi “gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell’amministrazione digitale e dalla disciplina processuale vigente”.
 
Ciò vale anche per i fascicoli iscritti a ruolo dopo il 30 giugno 2014, posto che, in linea generale, permarrà per le parti l’obbligo di depositare gli atti di costituzione in giudizio e i documenti ad essi allegati in formato cartaceo. Così come rimarrà, per il giudice, la facoltà di depositare in formato cartaceo i propri provvedimenti (ad eccezione di quelli assunti nell’ambito del procedimento monitorio), salvo l’onere della cancelleria di acquisizione di una copia informatica, di cui si dirà infra.
 Inoltre, il deposito dell’originale cartaceo di documenti già depositati mediante invio telematico potrà, comunque, rendersi necessario in diverse ipotesi.
 
Ci si riferisce, in particolare, all’ipotesi di cui all’art. 16 bis, comma 9, d.l. n.179/12, a mente del quale il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche. Va sottolineato, comunque, che, trattandosi, secondo la dizione di legge, di deposito di “copia cartacea di singoli atti e documenti”, esso presuppone il previo deposito mediante invio telematico dell’originale informatico.
Tale atto sarà oggetto di formale attestazione di deposito da parte della cancelleria e sarà inserito nel fascicolo cartaceo del processo.
 
Si può portare, poi, a titolo di esempio, la necessità di produrre l’originale cartaceo del documento la cui sottoscrizione autografa sia stata oggetto di disconoscimento. In tal caso, fermo restando, per la parte già costituita a mezzo di un difensore, l’obbligo di invio telematico, laddove il giudice dovesse dar corso al subprocedimento di verificazione, la parte verrebbe verosimilmente onerata dallo stesso giudice di produrre l’originale cartaceo. Tale originale cartaceo, depositato in cancelleria, andrebbe necessariamente custodito nel fascicolo precedentemente formato. Simili ipotesi si verificherebbero nell’ipotesi di disconoscimento della conformità all’originale della copia di un documento, ovvero di proposizione di querela di falso sullo stesso. Si vedrà, nel prosieguo, anche l’ipotesi del verbale di conciliazione.
 
L’elencazione appena fatta non è, ovviamente, esaustiva degli atti e documenti che potrebbero necessitare di deposito cartaceo.
 
 3. Copie ad uso ufficio e dei componenti del collegio.
 
 L’art. 111 disp. att. c.p.c., dispone che “il cancelliere non deve consentire che s'inseriscano nei fascicoli di parte comparse che non risultano comunicate alle altre parti e di cui non gli sono contemporaneamente consegnate le copie in carta libera per il fascicolo d'ufficio e per gli altri componenti il collegio”. Tale disposizione, pur rimanendo in vigore anche all’esito delle più recenti novità normative, presuppone un deposito in forma cartacea, eseguito materialmente presso la Cancelleria di un ufficio giudiziario. Se però, per obbligo normativo o per scelta normativamente consentita, la parte opera il deposito tramite invio telematico, la norma di cui al richiamato art. 111 disp. att. c.p.c. risulta inapplicabile, posto che, nel momento stesso in cui l’atto inviato telematicamente viene accettato dal cancelliere, l’atto medesimo entra a far parte del fascicolo telematico ed è visibile a tutte le altre parti oltre che al giudice. Tali soggetti, in questo modo, possono usufruire di un duplicato informatico ai sensi dell’ art. 1, comma 1, lett. i-quinquies del Codice dell’Amministrazione Digitale, che sembra, a questa Amministrazione, soddisfare l’esigenza sottesa all’art.111 disp. att. c.p.c., di mettere a disposizione dei soggetti coinvolti nel processo gli atti depositati da tutte le parti.
 
Le Cancellerie saranno tenute, dunque, ad accettare il deposito degli atti endoprocessuali inviati in forma telematica, senza doverne rifiutare il deposito per il fatto che non sia stata allegata copia cartacea.
 
 4. Copie informali.
 
Diversa dalla copia depositata per ordine del giudice ai sensi dell’art. 16 bis, comma 9, d.l. n. 179/2012, è la copia cartacea informale dell’atto o documento depositati telematicamente.
La messa a disposizione del giudice di tale copia, ad opera delle parti o degli ausiliari, costituisce soluzione o prassi organizzativa adottata a livello locale e non può essere oggetto di statuizioni imperative, né, in generale, di eterodeterminazione.
 
Laddove se ne ravvisi la necessità, quindi, potrà essere individuata, presso i singoli uffici, una modalità per mettere a disposizione dei magistrati la copia cartacea di atti e documenti già depositati mediante invio telematico.
Tale prassi, libera da qualsiasi vincolo di forma, lo si sottolinea, non sostituisce né si aggiunge al deposito telematico, ma costituisce soltanto una modalità pratica di messa a disposizione del giudice di atti processuali trasposti su carta.
Pertanto, le copie in questione non devono essere inserite nel fascicolo processuale.
 
Laddove, tuttavia, gli atti e documenti così messi a disposizione del magistrato vengano materialmente inseriti nel fascicolo cartaceo, il Cancelliere non dovrà apporvi il timbro di deposito o altro equivalente, onde non ingenerare confusione.
Corre l’obbligo, infine, di aggiungere che, considerata l’eccezionalità del momento, nel caso non vengano adottate le prassi sopra indicate, e poiché i magistrati dovranno modificare in modo rilevante le proprie modalità di organizzazione del lavoro, può esservi la necessità di procedere, da parte della cancelleria, alla stampa di atti e documenti su richiesta del giudice, soprattutto laddove si tratti di ‘file’ di grandi dimensioni.
 
 Si raccomanda, sul punto, agli uffici di cancelleria la massima collaborazione.
 
 5. Tempi di lavorazione degli atti da parte delle cancellerie.
 
Dall’esclusività, o anche dalla mera facoltà del deposito telematico deriva l'esigenza, assolutamente prioritaria, di garantire la tempestiva accettazione degli atti e documenti depositati dalle parti. L'urgenza di provvedere a tale incombente è massima, poiché solo con l'accettazione del deposito da parte del cancelliere l'atto entra nel fascicolo processuale e diviene visibile dalla controparte e dal giudice. Laddove, poi, i termini per il deposito di atti siano scaglionati (per disposizione o per scelta del giudice), in maniera tale che alla scadenza di un primo termine si ricolleghi la decorrenza del secondo (è il caso dei termini di cui agli artt. 183 e 190 cpc) é evidente come il ritardo nell'accettazione del deposito eseguito nel primo termine comporti un'automatica decurtazione del secondo termine, a detrimento dei diritti di difesa (ferma restando la salvezza del termine per la parte che abbia visto generata la ricevuta di avvenuta consegna prima della scadenza). É, dunque, assolutamente da escludersi che possano trascorrere diversi giorni tra la data della ricezione di atti o documenti e quella di accettazione degli stessi da parte della Cancelleria.
 
Si ritiene, pertanto, consigliabile che l’accettazione del deposito di atti e documenti provenienti dai soggetti abilitati all’invio telematico sia eseguita entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia.
A tale scopo gli Uffici giudiziari dovranno adottare ogni soluzione organizzativa idonea a garantire in via prioritaria la tempestività della lavorazione degli atti processuali ricevuti, se del caso anche ricorrendo ad una riorganizzazione del lavoro, tale da privilegiare le attività di ‘back office’ rispetto a quelle di ‘front office’, in modo da consentire una tempestiva accettazione del deposito di atti e documenti telematici. In tale contesto si colloca la modifica dell’art. 162 primo comma, della legge 23 ottobre 1960 n.1196, ad opera dell’art. 51 D.l. n.90/2014. Per effetto della modifica da ultimo introdotta, infatti, l’orario di apertura giornaliera delle cancellerie può essere ridotto da 5 a 3 ore. La riduzione dell’orario di apertura al pubblico – a cui i dirigenti avranno cura di ricorrere esclusivamente laddove ciò non determini disservizi per l’utenza – consentirà alle cancellerie di riservare una parte rilevante del proprio lavoro alla ricezione degli atti inviati telematicamente. In particolare, laddove venga in concreto attuata la riduzione dell’orario di apertura al pubblico, sarebbe opportuno che le cancellerie, in via tendenziale, incrementassero la quantità di tempo dedicata all’accettazione degli atti telematici in misura almeno pari a quella della riduzione dell’orario di apertura.
 
 6. Orario di deposito e proroga dei termini processuali scadenti di sabato o domenica
 
L’art. 51, comma 2, D.l. n.90/2014 aggiunge, al termine dell’art. 16 bis, comma 7, d.l. n.179/12, un periodo volto a rimuovere l’incertezza interpretativa creatasi in merito al giorno in cui doveva ritenersi perfezionato l’invio telematico alla cancelleria di un atto o documento, nell’ipotesi di generazione della ricevuta di avvenuta consegna oltre le ore 14.
 
A seguito della modifica in esame, è definitivamente chiarito che “il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza”. La norma in esame aggiunge, inoltre, che “si applicano le disposizioni di cui all’art. 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”. In tal modo si chiarisce che si applica anche all’ipotesi di deposito telematico la proroga di diritto del giorno di scadenza di un termine, laddove tale termine scada in un giorno festivo, ovvero, in caso di atti processuali da compiersi fuori udienza, di sabato.
 
Può rammentarsi, poi, che, alla stregua dell’interpretazione della giurisrprudenza di legittimità (Crf. Cass., Ord. N.182/2011, Sent. n. 11163/2008), in ipotesi di termini “a ritroso” (come ad esempio quello di costituzione del convenuto), laddove il termine stesso cada nelle giornate di sabato o domenica, il deposito, per essere tempestivo, dovrà essere operato nella giornata precedente il sabato o comunque il giorno festivo in cui il termine verrebbe a scadere.
 
Si rammenta, altresì, che, ai sensi dell’art. 16 bis comma 7 d.l. n. 179/12, come modificato dall’art. 51, comma 2, d.l. n.90/2014, laddove il messaggio di PEC inviato dalla parte al fine di operare il deposito superi la dimensione massima stabilita dalle specifiche tecniche del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia, il deposito degli atti o dei documenti può essere tempestivamente eseguito mediante l’invio di più messaggi di posta elettronica certificata, compiuti entro la fine del giorno di scadenza.
 
Ne consegue che le cancellerie potranno trovarsi nella condizione di dover accettare più buste, relative a quello che, sotto il profilo giuridico, costituisce un unico deposito di atti o documenti.
 
 7. Anomalie del deposito eseguito mediante invio telematico
 
L'art. 14 del provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile DGSIA (Specifiche tecniche di cui all’art. 34 DM 44/2011) prevede che, all'esito della trasmissione ad un ufficio giudiziario di un atto o documento processuale, il gestore dei servizi telematici esegua automaticamente taluni controlli formali sulla c.d. Busta ricevuta dal sistema. Le possibili anomalie riscontrabili sono riconducibili a tre categorie : WARN, ERROR e FATAL.
Errori appartenenti alle prime due categorie consentono alla cancelleria di forzare l'accettazione del deposito. Errori appartenenti alla terza categoria, viceversa, inibiscono materialmente l'accettazione, e, dunque, l'entrata dell'atto/documento nel fascicolo processuale.
 
Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno sempre accettare il deposito, avendo cura, tuttavia, di segnalare al giudicante ogni informazione utile in ordine all'anomalia riscontrata. A tal fine è fortemente auspicabile che i capi di ciascun ufficio e i dirigenti di cancelleria concordino tra loro modalità di segnalazione degli errori il più possibile efficaci e complete.
 
8. Deposito esclusivamente telematico degli atti del giudice nell’ambito della procedura monitoria
 
Ai sensi del comma 4 dell’art. 16 bis D.l. n.179/12,, le cancellerie, limitatamente al procedimento di cui libro IV, titolo I, capo I, non dovranno nemmeno ricevere il deposito dei provvedimenti predisposti e inviati dal magistrato in modalità diverse da quelle telematiche di cui all'art.16 bis. I provvedimenti adottati dal giudice in sede monitoria, dunque (provvedimenti di “sospensione” o rigetto cui all’art. 640 c.p.c., decreti ingiuntivi ex art. 641 c.p.c.), potranno essere depositati esclusivamente mediante invio telematico.
 
Si invitano i capi degli Uffici a valutare la possibilità di sollecitare i magistrati alla piena osservanza delle disposizioni in questione.
 
 9. Deposito di atti processuali delle parti non costituite a mezzo di difensore
 
Viceversa, allo stato attuale della normativa, non saranno tenute al deposito mediante invio telematico le parti non costituite a mezzo di difensore. In particolare si segnala che, ai sensi dell’art. 16 bis comma 1, ultimo periodo, d.l. 179/12, aggiunto dall’art. 44, comma 2, D.l. 90/2014, “per difensori non si intendono i dipendenti di cui si avvalgono le pubbliche amministrazioni per stare in giudizio personalmente”.
Per tali funzionari, dunque, non sussiste, né attualmente, né, a normativa invariata, sussisterà in futuro, l’obbligo di invio telematico di atti e documenti processuali.
 
 10. Comunicazione integrale dei provvedimenti del giudice
 
Nelle ipotesi in cui il giudice depositi un provvedimento su supporto cartaceo, è necessario che la cancelleria ne acquisisca copia informatica al fine di adempiere all’obbligo di cui all’art. 45 disp. att. C.p.c., come modificato dall’art. 16 d.l. 179/12. La norma richiamata, infatti, così dispone:
“Il biglietto contiene in ogni caso l'indicazione dell'ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell'istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l'affare è iscritto e del ruolo dell'istruttore, il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato”. Solo l’integrale acquisizione di copia informatica del provvedimento del giudice (laddove questo sia nativamente cartaceo) consente, infatti, l’invio del biglietto telematico di cancelleria contenente copia integrale del provvedimento, in modo da far decorrere i termini per l’impugnazione.
Si segnala, a tal proposito, che l’art. 45 lett. b) d.l. n. 90/2014, ha modificato la formulazione dell’art. 133 c.p.c., introducendo l’obbligo di dare notizia alle parti del deposito della sentenza mediante biglietto contenente non più il solo dispositivo, ma il testo integrale della sentenza medesima, così armonizzando le due disposizioni in questione.
 
 11. Accesso al fascicolo informatico delle parti non costituite
 
Poiché dal 30 giugno prossimo gli atti e i documenti del procedimento monitorio dovranno essere depositati in forma esclusivamente telematica, e, comunque, sarà consentito il deposito telematico anche dell’atto introduttivo, va garantita la visione di atti e documenti al debitore ingiunto oltre che al difensore della parte, munito di procura, che ancora non abbia iscritto a ruolo l’eventuale causa di opposizione. Le cancellerie dovranno, dunque, predisporre adeguate modalità organizzative al fine di consentire alle parti l’esercizio di tale prerogativa. La mera visione del fascicolo informatico deve ritenersi gratuita, mentre per l’estrazione di copia e per il pagamento dei relativi diritti varranno le regole generali.
A tale proposito si segnala che, lo scorso 25 giugno, la Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati – DGSIA, ha rilasciato un aggiornamento delle specifiche tecniche relative al deposito di atti, finalizzato a consentire a soggetti non costituiti l’accesso temporaneo a singoli fascicoli in via telematica, eliminando la necessità di un accesso fisico ai locali di cancelleria.
 Ulteriori informazioni sul punto in Processo telematico – Aggiornamento Specifiche tecniche deposito atti (http://pst.giustizia.it/PST/it/pst_3_1.wp?previousPage=homepage&contentId=NEW1290).
 
12. Atti processuali a firma multipla con particolare riferimento al verbale d’udienza e al caso del verbale di conciliazione
 
L’art. 45, comma 1, lett. a), d.l. n. 90/2014 opera una modifica dell’art. 126 c.p.c., eliminando la necessità della sottoscrizione del verbale d’udienza da parte dei soggetti intervenuti, prescrivendo che del verbale stesso sia data lettura in udienza, ad opera del cancelliere. La lettera c) dello stesso comma, poi, sopprime, all’art. 207, secondo comma, c.p.c., le parole “che le sottoscrive”. In tal modo viene superato il problema di consentire ai soggetti intervenuti, e, in particolare, ai testimoni e alle parti presenti in udienza, che abbiano reso l’interrogatorio, di sottoscrivere il verbale, posto che, come noto, la ‘Consolle’ del magistrato, allo stato attuale, permette la sottoscrizione di atti solo da parte del giudice.
Diverso è, invece, il caso del verbale di conciliazione. Rimane, infatti, in vigore l’art. 88 disp. att. c.p.c., a mente del quale “la convenzione conclusa tra le parti per effetto della conciliazione davanti al giudice istruttore è raccolta in separato processo verbale, sottoscritto dalle parti stesse, dal giudice e dal cancelliere”. In tale ipotesi, infatti, la mancanza di sottoscrizione autografa delle parti determinerebbe certamente notevoli difficoltà in sede di trascrizione, sicché è altamente probabile che, in questi casi, il giudice provvederà a stampare su carta il verbale in modo da consentirne alle parti la sottoscrizione.
 
 13. Iscrizione di professionisti al REGINDE
 
Come già segnalato con circolare del 24 gennaio 2014 prot. 1631.U DOG, dal 30 giugno prossimo, sempre ai sensi dell'art 16 bis dl 179/2012 anche i professionisti nominati dal giudice dovranno depositare i propri atti esclusivamente con modalità telematiche. Ad oggi, tuttavia, una vasta platea di professionisti non è censita sul registro generale degli indirizzi elettronici di cui al dm 44/11.
Dal 30 giugno prossimo, nei casi in cui sussiste l'obbligo di cui al citato art. 16 bis, le cancellerie non dovranno più accettare il deposito di atti e documenti cartacei provenienti da professionisti nominati dal giudice. Per le cause iniziate prima del 30 giugno, poi, l’invio telematico costituisce comunque una modalità consentita, ed anzi, preferenziale, di deposito degli atti del consulente. È, quindi, necessario che gli addetti alle cancellerie, nel rapportarsi coi professionisti, e comunque all'atto del deposito, segnalino l'assoluta necessità di curare la propria iscrizione al ‘Reginde’ da parte loro, laddove tale iscrizione non sia stata curata dai rispettivi ordini di appartenenza. Si richiama, sul punto, la nota di questa Direzione generale del 6 giugno 2014, prot. n. 80939.U.
La presente circolare viene trasmessa al Capo di Gabinetto in vista delle prosecuzione dei lavori del tavolo tecnico permanente istituito per il processo civile telematico dall’On. Ministro della Giustizia.
 
14. Pagamento del Contributo Unificato con marca da bollo. Modalità alternative di pagamento (Testo aggiunto il 27.10.2014)
 
A seguito dell’entrata in vigore delle disposizioni in tema di esclusività del deposito telematico nei procedimenti di cui al libro IV, titolo I, capo I del Codice di Procedura Civile, si è evidenziata la problematica connessa alle modalità con le quali gli Uffici giudiziari devono provvedere all’annullamento delle marche da bollo utilizzate dalla parte che instaura un procedimento per l’assolvimento del Contributo Unificato.
Sul punto deve ritenersi condivisibile, ed anzi, doverosa, la prassi, già adottata da taluni Uffici, di invitare il procuratore della parte, che abbia assolto il Contributo Unificato mediante acquisto dell’apposita marca da bollo, e che abbia provveduto alla scansione della marca stessa ai fini del suo inserimento nel fascicolo informatico, a recarsi presso l’Ufficio giudiziario in modo da consentirne l’annullamento.
Tale modus operandi appare, come detto, doveroso, poiché,  ai sensi dell’art. 12 TU 642/1972, le marche da bollo devono essere annullate secondo specifiche modalità che le norme sul PCT non hanno modificato né abrogato.
Qualora, poi, la parte intenda evitare qualsiasi accesso agli Uffici giudiziari, profittando in pieno dei vantaggi derivanti dall’informatizzazione del procedimento, potrà valersi delle ulteriori modalità di assolvimento del C.U. previste dalla legge (pagamento telematico, versamento su C/C postale, modello F23).
A tal proposito si consiglia di segnalare alle parti l’esistenza di un’apposita sezione del sito dell’Agenzia delle Entrate contenente informazioni utili a tal fine, nonché la pagina del Portale dei Servizi Telematici concernente il pagamento telematico del C.U..
 
15. Potere di autenticazione, da parte del difensore, degli atti contenuti nel fascicolo informatico (Testo aggiunto il 27.10.2014)
 
Come noto, l’art. 52 d.l. n.90/2014, convertito in legge n. 114/2014, ha introdotto il comma 9-bis dell’art.16 bis d.l. n.179/2012, attribuendo, al difensore, al consulente tecnico, al professionista delegato, al curatore ed al commissario giudiziale la facoltà  di “estrarre con  modalità telematiche duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti” contenuti nel fascicolo informatico, ed il potere di  “attestare  la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico”.
Alcuni Uffici hanno dubitato che la facoltà ed il potere  attribuiti dalla norma citata sussistano in relazione ad atti e documenti contenuti in fascicoli relativi a procedimenti instaurati prima dell’entrata in vigore della norma stessa, o comunque prodotti e/o depositati in epoca anteriore.
Un’eventuale distinzione tra procedimenti instaurati prima del 30 giugno e procedimenti iniziati successivamente non sembra fondata su alcun dato testuale né sulla ratio dell’introduzione del potere di autentica, che è quella di sgravare gli Uffici giudiziari da attività materiali a basso contenuto intellettuale, e nel contempo, di consentire alle parti di avvantaggiarsi delle possibilità offerte dall’utilizzo dello strumento informatico.
Tenuto conto di tale ratio, è da ritenersi che il potere di autentica si estenda a tutti gli atti contenuti nei fascicoli informatici, indipendentemente dalla data di instaurazione del procedimento o di deposito del singolo atto o documento.
 
16. Applicabilità ai procedimenti instaurati presso tutti gli Uffici giudiziari degli adeguamenti del Contributo Unificato introdotti dal d.l. n. 90/2014 (Testo aggiunto il 27.10.2014)
 
Come noto, il d.l. n.90/2014, convertito in legge n. 114/2014, ha stabilito una serie di adeguamenti del Contributo Unificato finalizzati alla copertura dei mancati introiti derivanti dall’introduzione del Processo Civile Telematico.
In ragione del fatto che non tutti gli Uffici giudiziari sono attualmente interessati dall’obbligatorietà del Processo Civile Telematico, è stata sollevata questione circa l’applicabilità degli adeguamenti ai procedimenti instaurati presso Uffici, come quelli del Giudice di Pace, che attualmente non sono interessati dalle innovazioni tecnico-processuali in esame.
Sul punto va osservato come nessuna distinzione sia consentita, sulla base del testo di legge, circa l’applicabilità degli adeguamenti, tra Uffici interessati dal PCT e Uffici non interessati.
Del resto va osservato che, alla luce delle vigenti norme processuali, è ben possibile che atti e provvedimenti originariamente contenuti nel fascicolo cartaceo relativo ad un procedimento instaurato presso il Giudice di Pace confluiscano, poi, nel fascicolo informatico del procedimento stesso, in grado di appello, determinando, così, possibili minori introiti.
 
17. Rilascio della formula esecutiva su copia estratta dal difensore (Testo aggiunto il 27.10.2014)
 
 Si sono registrate, presso diversi Uffici Giudiziari, le richieste, rivolte dai difensori alle Cancellerie, di apposizione della  formula esecutiva (c.d. Comandiamo) su copie cartacee di provvedimenti giurisdizionali tratti dal fascicolo informatico, autenticate dal difensore avvalendosi della facoltà attribuitagli dall’art. 16-bis, comma 9-bis, d.l. n.179/2012, introdotto dall’art. 52 d.l. n. 90 n.2014, come convertito in legge.
Ci si chiede, quindi, se la Cancelleria debba proseguire ad osservare le consuete modalità di rilascio di copia esecutiva, provvedendo essa stessa, su richiesta di parte, all’estrazione della copia stessa, alla sua certificazione di conformità all’originale con contestuale spedizione in forma esecutiva, o, se, piuttosto sia possibile, per il difensore, provvedere in autonomia all’estrazione di copia ed alla sua autenticazione, rivolgendosi alla Cancelleria solo per l’apposizione della formula esecutiva, con conseguente esonero dal versamento di qualsiasi diritto.
Questa Direzione Generale ritiene che  tale ultima modalità operativa debba essere esclusa, alla luce di quanto disposto dall’art. 153 disp. Att. C.p.c. – norma che non è stata interessata da alcuna recente modifica – che mantiene in capo alla cancelliere l’attività di rilascio  della copia in forma esecutiva ex art. 475 c.p.c.
Tale interpretazione ha trovato conforto nel parere dell’Ufficio Legislativo, che,  con nota prot. 8921 del 15.10.2014  ha chiarito che “ le attività di spedizione e di rilascio della copia esecutiva sono proprie del cancelliere, che deve individuare la parte a favore della quale rilascia la copia ”.
A tale interpretazione vorranno attenersi gli Uffici di cancelleria, astenendosi dall’apporre la formula esecutiva su copie di provvedimenti giudiziari autenticate ai sensi dell’art. 16-bis comma 9-bis d.l. n.179/2012, ed attenendosi, invece, alla nota procedura disciplinata dal codice di procedura civile.
Ne consegue che, per il rilascio della copia, in forma esecutiva, di un provvedimento, devono essere percepiti i diritti percepiti di cui all’art. 268 D.P.R. n.115/2002. (fonte Ministero della Giustizia)
 
 Roma, 28 ottobre 2014
 
 IL DIRETTORE GENERALE
 Marco Mancinetti
 
  
 
 
 

Codice deontologico forense pubblicato in Gazzetta

altDi seguito il testo del Codice deontologico forense così come modificato dalla delibera del Consiglio Nazionale Forense del 31 gennaio 2014 che lo adegua alle previsione del nuovo ordinamento forense (legge n. 247/2013) e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 16 ottobre 2014, n. 241.

 

Codice deontologico forense. (14A07985)

(GU n. 241 del 16-10-2014)

(Approvato dal Consiglio nazionale forense nella seduta del 31 gennaio 2014)

TITOLO I

PRINCIPI GENERALI

Art. 1 – L’avvocato

1.L’avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio.

2.L’avvocato, nell’esercizio del suo ministero, vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché

di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell’interesse della parte assistita.

3. Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell’affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale.

Art. 2 – Norme deontologiche e ambito di applicazione

1. Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati nella loro attività professionale, nei reciproci rapporti e in quelli con i terzi; si applicano anche ai comportamenti nella vita privata, quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l’immagine della professione forense.

2. I praticanti sono soggetti ai doveri e alle norme deontologiche degli avvocati e al potere disciplinare degli Organi forensi.

Art. 3 – Attività all’estero e attività in Italia dello straniero

1. Nell’esercizio di attività professionale all’estero l’avvocato italiano deve rispettare le norme deontologiche interne, nonché quelle del Paese in cui viene svolta l’attività.

2. In caso di contrasto fra le due normative prevale quella del Paese ospitante, purché non confliggente con l’interesse pubblico al corretto esercizio dell’attività professionale.

3. L’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane.

Art. 4 – Volontarietà dell’azione

1.La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e delle regole di condotta dettati dalla legge e dalla deontologia, nonché dalla coscienza e volontà delle azioni od omissioni.

2.L’avvocato, cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, è sottoposto a procedimento disciplinare, salva in questa sede ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.

Art. 5 – Condizione per l’esercizio dell’attività professionale

L’iscrizione agli albi costituisce condizione per l’esercizio dell’attività riservata all’avvocato.

Art. 6 – Dovere di evitare incompatibilità

1.L’avvocato deve evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo.

2.L’avvocato non deve svolgere attività comunque incompatibili con i doveri di indipendenza, dignità e decoro della professione forense.

Art. 7 – Responsabilità disciplinare per atti di associati, collaboratori e sostituti

L’avvocato è personalmente responsabile per condotte, determinate da suo incarico, ascrivibili a suoi associati, collaboratori e sostituti, salvo che il fatto integri una loro esclusiva e autonoma responsabilità.

Art. 8 – Responsabilità disciplinare della società

1.Alla società tra avvocati si applicano, in quanto compatibili, le norme del presente codice.

2.La responsabilità disciplinare della società concorre con quella del socio quando la violazione deontologica commessa da quest’ultimo è ricollegabile a direttive impartite dalla società.

Art. 9 – Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza

1.L’avvocato deve esercitare l’attività professionale con indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, rispettando i principi della corretta e leale concorrenza.

2.L’avvocato, anche al di fuori dell’attività professionale, deve osservare i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense.

Art. 10 – Dovere di fedeltà

L’avvocato deve adempiere fedelmente il mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela dell’interesse della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa.

Art. 11 – Rapporto di fiducia e accettazione dell’incarico

1.L’avvocato è libero di accettare l’incarico.

2.Il rapporto con il cliente e con la parte assistita è fondato sulla fiducia.

3.L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio, quando nominato, non può, senza giustificato motivo, rifiutarsi di prestare la propria attività o interromperla.

4. L’avvocato iscritto nell’elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato può rifiutare la nomina o recedere dall’incarico conferito dal non abbiente solo per giustificati motivi.

Art. 12 – Dovere di diligenza

L’avvocato deve svolgere la propria attività con coscienza e diligenza, assicurando la qualità della prestazione professionale.

Art. 13 – Dovere di segretezza e riservatezza

L’avvocato è tenuto, nell’interesse del cliente e della parte assistita, alla rigorosa osservanza del segreto professionale e al massimo riserbo su fatti e circostanze in qualsiasi modo apprese nell’attività di rappresentanza e assistenza in giudizio, nonché nello svolgimento dell’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale e comunque per ragioni professionali.

Art. 14 – Dovere di competenza

L’avvocato, al fine di assicurare la qualità delle prestazioni professionali, non deve accettare incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza.

Art. 15 – Dovere di aggiornamento professionale e di formazione continua

L’avvocato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente.

Art. 16 – Dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo

1. L’avvocato deve provvedere agli adempimenti fiscali e previdenziali previsti dalle norme in materia.

2.L’avvocato deve adempiere agli obblighi assicurativi previsti dalla legge.

3.L’avvocato deve corrispondere regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti alle Istituzioni forensi.

Art. 17 – Informazione sull’esercizio dell’attività professionale

1. È consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti.

2.Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative.

3.In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

Art. 18 – Doveri nei rapporti con gli organi di informazione

1. Nei rapporti con gli organi di informazione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza; con il consenso della parte assistita, e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, può fornire agli organi di informazione notizie purché non coperte dal segreto di indagine.

2. L’avvocato è tenuto in ogni caso ad assicurare l’anonimato dei minori.

Art. 19 – Doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi

L’avvocato deve mantenere nei confronti dei colleghi e delle Istituzioni forensi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.

Art. 20 – Responsabilità disciplinare

La violazione dei doveri di cui ai precedenti articoli costituisce illecito disciplinare perseguibile nelle ipotesi previste nei titoli II, III, IV, V, VI di questo codice.

Art. 21 – Potestà disciplinare

1.Spetta agli Organi disciplinari la potestà di applicare, nel rispetto delle procedure previste dalle norme, anche regolamentari, le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione deontologica commessa.

2.Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato; la sanzione è unica anche quando siano contestati più addebiti nell’ambito del medesimo procedimento.

3.La sanzione deve essere commisurata alla gravità del fatto, al grado della colpa, all’eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell’incolpato, precedente e successivo al fatto, avuto riguardo alle circostanze, soggettive e oggettive, nel cui contesto è avvenuta la violazione.

4. Nella determinazione della sanzione si deve altresì tenere conto del pregiudizio eventualmente subito dalla parte assistita e dal cliente, della compromissione dell’immagine della professione forense, della vita professionale, dei precedenti disciplinari.

Art. 22 – Sanzioni

1. Le sanzioni disciplinari sono:

a) Avvertimento: consiste nell’informare l’incolpato che la sua condotta non è stata conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni; può essere deliberato quando il fatto contestato non è grave e vi è motivo di ritenere che l’incolpato non commetta altre infrazioni.

b)Censura: consiste nel biasimo formale e si applica quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione.

c)Sospensione: consiste nell’esclusione temporanea, da due mesi a cinque anni, dall’esercizio della professione o dal praticantato e si applica per infrazioni consistenti in comportamenti e in responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per irrogare la sola sanzione della censura.

d) Radiazione: consiste nell’esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro e impedisce l’iscrizione a qualsiasi altro albo, elenco o registro, fatto salvo quanto previsto dalla legge; è inflitta per violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o registro.

2. Nei casi più gravi, la sanzione disciplinare può essere aumentata, nel suo massimo:

a)fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per due mesi, nel caso sia prevista la sanzione dell’avvertimento;

b)fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale non superiore a un anno, nel caso sia prevista la sanzione della censura;

c) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale non superiore a tre anni, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un anno;

d) fino alla radiazione, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

3. Nei casi meno gravi, la sanzione disciplinare può essere diminuita:

a)all’avvertimento, nel caso sia prevista la sanzione della censura;

b)alla censura, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un anno;

c) alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a due mesi nel caso sia prevista la sospensione dall’esercizio della professione da uno a tre anni.

4. Nei casi di infrazioni lievi e scusabili, all’incolpato è fatto richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare.

TITOLO II

RAPPORTI CON IL CLIENTE E CON LA PARTE ASSISTITA

Art. 23 – Conferimento dell’incarico

1. L’incarico è conferito dalla parte assistita; qualora sia conferito da un terzo, nell’interesse proprio o della parte assistita, l’incarico deve essere accettato solo con il consenso di quest’ultima e va svolto nel suo esclusivo interesse.

2. L’avvocato, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità della persona che lo conferisce e della parte assistita.

3.L’avvocato, dopo il conferimento del mandato, non deve intrattenere con il cliente e con la parte assistita rapporti economici, patrimoniali, commerciali o di qualsiasi altra natura, che in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto dall’art. 25.

4.L’avvocato non deve consigliare azioni inutilmente gravose.

5.L’avvocato è libero di accettare l’incarico, ma deve rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione di operazione illecita.

6.L’avvocato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.

7.La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 5 e 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Art. 24 – Conflitto di interessi

1. L’avvocato deve astenersi dal prestare attività professionale quando questa possa determinare un conflitto con gli interessi della parte assistita e del cliente o interferire con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.

2. L’avvocato nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale.

3. Il conflitto di interessi sussiste anche nel caso in cui il nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altra parte assistita o cliente, la conoscenza degli affari di una parte possa favorire ingiustamente un’altra parte assistita o cliente, l’adempimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento del nuovo incarico.

4. L’avvocato deve comunicare alla parte assistita e al cliente l’esistenza di circostanze impeditive per la prestazione dell’attività richiesta.

5.Il dovere di astensione sussiste anche se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali e collaborino professionalmente in maniera non occasionale.

6.La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 25 – Accordi sulla definizione del compenso

1. La pattuizione dei compensi, fermo quanto previsto dall’art. 29, quarto comma, è libera. È ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfettaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l’intera attività, a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene il destinatario della prestazione, non soltanto a livello strettamente patrimoniale.

2.Sono vietati i patti con i quali l’avvocato percepisca come compenso, in tutto o in parte, una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa.

3.La violazione del divieto di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

Art. 26 – Adempimento del mandato

1.L’accettazione di un incarico professionale presuppone la competenza a svolgerlo.

2.L’avvocato, in caso di incarichi che comportino anche competenze diverse dalle proprie, deve prospettare al cliente e alla parte assistita la necessità di integrare l’assistenza con altro collega in possesso di dette competenze.

3. Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.

4. Il difensore nominato d’ufficio, ove sia impedito di partecipare a singole attività processuali, deve darne tempestiva e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa un collega che, ove accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico.

5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 27 – Doveri di informazione

1. L’avvocato deve informare chiaramente la parte assistita, all’atto dell’assunzione dell’incarico, delle caratteristiche e dell’importanza di quest’ultimo e delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione.

2. L’avvocato deve informare il cliente e la parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili; deve inoltre, se richiesto, comunicare in forma scritta, a colui che conferisce l’incarico professionale, il prevedibile costo della prestazione.

3.L’avvocato, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita chiaramente e per iscritto della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione previsto dalla legge; deve altresì informarla dei percorsi alternativi al contenzioso giudiziario, pure previsti dalla legge.

4.L’avvocato, ove ne ricorrano le condizioni, all’atto del conferimento dell’incarico, deve informare la parte assistita della possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato.

5.L’avvocato deve rendere noti al cliente ed alla parte assistita gli estremi della propria polizza assicurativa.

6. L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato e deve fornire loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice.

7. Fermo quanto previsto dall’art. 26, l’avvocato deve comunicare alla parte assistita la necessità del compimento di atti necessari ad evitare prescrizioni, decadenze o altri effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso.

8.L’avvocato deve riferire alla parte assistita, se nell’interesse di questa, il contenuto di quanto appreso legittimamente nell’esercizio del mandato.

9.La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 28 – Riserbo e segreto professionale

1. È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.

2. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non accettato.

3. L’avvocato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori, anche occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.

4. È consentito all’avvocato derogare ai doveri di cui sopra qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:

a)per lo svolgimento dell’attività di difesa;

b)per impedire la commissione di un reato di particolare gravità;

c)per allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e cliente o parte assistita;

d)nell’ambito di una procedura disciplinare.

In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.

5. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Art. 29 – Richiesta di pagamento

1. L’avvocato, nel corso del rapporto professionale, può chiedere la corresponsione di anticipi, ragguagliati alle spese sostenute e da sostenere, nonché di acconti sul compenso, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per l’espletamento dell’incarico.

2. L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti e deve consegnare, a richiesta del cliente, la relativa nota dettagliata.

3.L’avvocato deve emettere il prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto.

4.L’avvocato non deve richiedere compensi o acconti manifestamente sproporzionati all’attività svolta o da svolgere.

5. L’avvocato, in caso di mancato pagamento da parte del cliente, non deve richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, salvo ne abbia fatta riserva.

6. L’avvocato non deve subordinare al riconoscimento di propri diritti, o all’esecuzione di prestazioni particolari da parte del cliente, il versamento a questi delle somme riscosse per suo conto.

7. L’avvocato non deve subordinare l’esecuzione di propri adempimenti professionali al riconoscimento del diritto a trattenere parte delle somme riscosse per conto del cliente o della parte assistita.

8.L’avvocato, nominato difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, non deve chiedere né percepire dalla parte assistita o da terzi, a qualunque titolo, compensi o rimborsi diversi da quelli previsti dalla legge.

9.La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 6, 7 e 8. comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno

Art. 30 – Gestione di denaro altrui

1. L’avvocato deve gestire con diligenza il denaro ricevuto dalla parte assistita o da terzi nell’adempimento dell’incarico professionale ovvero quello ricevuto nell’interesse della parte assistita e deve renderne conto sollecitamente.

2. L’avvocato non deve trattenere oltre il tempo strettamente necessario le somme ricevute per conto della parte assistita, senza il consenso di quest’ultima.

3. L’avvocato, nell’esercizio della propria attività professionale, deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili ad un cliente.

4. L’avvocato, in caso di deposito fiduciario, deve contestualmente ottenere istruzioni scritte ed attenervisi.

5. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione del dovere di cui al comma 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Art. 31 – Compensazione

1. L’avvocato deve mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto della stessa.

2. L’avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque ricevute a rimborso delle anticipazioni sostenute, con obbligo di darne avviso al cliente.

3. L’avvocato ha diritto di trattenere le somme da chiunque ricevute imputandole a titolo di compenso:

a)quando vi sia il consenso del cliente e della parte assistita;

b)quando si tratti di somme liquidate giudizialmente a titolo di compenso a carico della controparte

e l’avvocato non le abbia già ricevute dal cliente o dalla parte assistita;

c) quando abbia già formulato una richiesta di pagamento del proprio compenso espressamente accettata dal cliente.

4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 32 – Rinuncia al mandato

1. L’avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita.

2. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto necessario per non pregiudicarne la difesa.

3. In ipotesi di irreperibilità della parte assistita, l’avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo domicilio conosciuto o a mezzo p.e.c.; con l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall’effettiva ricezione della rinuncia.

4. L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore.

5. L’avvocato deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli.

6. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 33 – Restituzione di documenti

1. L’avvocato, se richiesto, deve restituire senza ritardo gli atti ed i documenti ricevuti dal cliente e dalla parte assistita per l’espletamento dell’incarico e consegnare loro copia di tutti gli atti e documenti, anche provenienti da terzi, concernenti l’oggetto del mandato e l’esecuzione dello stesso sia in sede stragiudiziale che giudiziale, fermo restando il disposto di cui all’art. 48, terzo comma, del presente codice.

2.L’avvocato non deve subordinare la restituzione della documentazione al pagamento del proprio compenso.

3.L’avvocato può estrarre e conservare copia di tale documentazione, anche senza il consenso del cliente e della parte assistita.

4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l’applicazione della censura.

Art. 34 – Azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso

1. L’avvocato, per agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, deve rinunciare a tutti gli incarichi ricevuti.

2. La violazione del dovere di cui al comma precedente comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 35 – Dovere di corretta informazione

1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale.

3.L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza.

4.L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento.

5.L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.

6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell’avvocato.

7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi.

8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano.

9. L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso.

10. L’avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimenti commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito.

11.Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione.

12.La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 36 – Divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti

1.Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.

2.Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che agevoli o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dell’esercizio dell’attività.

3.La violazione del comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione del comma 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

Art. 37 – Divieto di accaparramento di clientela

1.L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.

2.L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.

3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.

4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

5.E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.

6.La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

TITOLO III

RAPPORTI CON I COLLEGHI

Art. 38 – Rapporto di colleganza

1. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, salvo che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.

2. L’avvocato non deve registrare una conversazione telefonica con un collega; la registrazione nel corso di una riunione è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.

3.L’avvocato non deve riportare in atti processuali o riferire in giudizio il contenuto di colloqui riservati intercorsi con colleghi.

4.La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui ai comma 2 e 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 39 – Rapporti con i collaboratori dello studio

1. L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare la loro preparazione professionale e non impedire od ostacolare la loro crescita formativa, compensandone in maniera adeguata la collaborazione, tenuto conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio.

2. La violazione dei doveri di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 40 – Rapporti con i praticanti

1. L’avvocato deve assicurare al praticante l’effettività e la proficuità della pratica forense, al fine di consentirgli un’adeguata formazione.

2. L’avvocato deve fornire al praticante un idoneo ambiente di lavoro e, fermo l’obbligo del rimborso delle spese, riconoscergli, dopo il primo semestre di pratica, un compenso adeguato, tenuto conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio.

3.L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere a motivi di favore o amicizia.

4.L’avvocato non deve incaricare il praticante di svolgere attività difensiva non consentita.

5.La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del divieto di cui al comma 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 41 – Rapporti con parte assistita da collega

1. L’avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro collega.

2. L’avvocato, in ogni stato del procedimento e in ogni grado del giudizio, può avere contatti con le altre parti solo in presenza del loro difensore o con il consenso di questi.

3. L’avvocato può indirizzare corrispondenza direttamente alla controparte, inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste, esclusivamente per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze.

4. L’avvocato non deve ricevere la controparte assistita da un collega senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.

5. La violazione dei doveri e divieti di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 42 – Notizie riguardanti il collega

1. L’avvocato non deve esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega.

2. L’avvocato non deve esibire in giudizio documenti relativi alla posizione personale del collega avversario né utilizzare notizie relative alla sua persona, salvo che il collega sia parte del giudizio e che l’utilizzo di tali documenti e notizie sia necessario alla tutela di un diritto.

3. La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 43 – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega

1. L’avvocato che incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a compensarlo, ove non adempia il cliente.

2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 44 – Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega

1. L’avvocato che abbia raggiunto con il collega avversario un accordo transattivo, accettato dalle parti, deve astenersi dal proporne impugnazione, salvo che la stessa sia giustificata da fatti sopravvenuti o dei quali dimostri di non avere avuto conoscenza.

2. La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 45 – Sostituzione del collega nell’attività di difesa

1. Nel caso di sostituzione di un collega per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo difensore deve rendere nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte.

2. La violazione dei doveri di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

TITOLO IV

DOVERI DELL’AVVOCATO NEL PROCESSO

Art. 46 – Dovere di difesa nel processo e rapporto di colleganza

1. Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando, per quanto possibile, il rapporto di colleganza.

2. L’avvocato deve rispettare la puntualità sia in sede di udienza che in ogni altra occasione di incontro con colleghi; la ripetuta violazione del divieto costituisce illecito disciplinare.

3. L’avvocato deve opporsi alle istanze irrituali o ingiustificate che, formulate nel processo dalle controparti, comportino pregiudizio per la parte assistita.

4. Il difensore nominato di fiducia deve comunicare tempestivamente al collega, già nominato d’ufficio, l’incarico ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve sollecitare la parte a provvedere al pagamento di quanto dovuto al difensore d’ufficio per l’attività svolta.

5. L’avvocato, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge, collabora con i difensori delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti.

6.L’avvocato, nei casi di difesa congiunta, deve consultare il codifensore su ogni scelta processuale e informarlo del contenuto dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della difesa.

7.L’avvocato deve comunicare al collega avversario l’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie.

8. La violazione dei doveri di cui ai commi da 1 a 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del dovere di cui al comma 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 47 – Obbligo di dare istruzioni e informazioni al collega

1.L’avvocato deve dare tempestive istruzioni al collega corrispondente e questi, del pari, è tenuto a dare al collega sollecite e dettagliate informazioni sull’attività svolta e da svolgere.

2.L’elezione di domicilio presso un collega deve essergli preventivamente comunicata e da questi essere consentita.

3. L’avvocato corrispondente non deve definire direttamente una controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato l’incarico.

4. L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando non appena possibile il collega che gli ha affidato l’incarico.

5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione del divieto di cui al comma 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 48 – Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega

1. L’avvocato non deve produrre, riportare in atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa esclusivamente tra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte.

2. L’avvocato può produrre la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando la stessa:

a)costituisca perfezionamento e prova di un accordo;

b)assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.

3.L’avvocato non deve consegnare al cliente e alla parte assistita la corrispondenza riservata tra colleghi; può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al collega che gli succede, a sua volta tenuto ad osservare il medesimo dovere di riservatezza.

4.L’abuso della clausola di riservatezza costituisce autonomo illecito disciplinare.

5.La violazione dei divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 49 – Doveri del difensore

1. L’avvocato nominato difensore d’ufficio deve comunicare alla parte assistita che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia e informarla che anche il difensore d’ufficio ha diritto ad essere retribuito.

2.L’avvocato non deve assumere la difesa di più indagati o imputati che abbiano reso dichiarazioni accusatorie nei confronti di altro indagato o imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso o collegato.

3.L’avvocato indagato o imputato in un procedimento penale non può assumere o mantenere la difesa di altra parte nell’ambito dello stesso procedimento.

4. La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui al commi 2 e 3 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.

Art. 50 – Dovere di verità

1. L’avvocato non deve introdurre nel procedimento prove o elementi di prova, dichiarazioni o documenti che sappia essere falsi.

2.L’avvocato non deve utilizzare nel procedimento prove o elementi di prova, dichiarazioni o documenti prodotti o provenienti dalla parte assistita che sappia o apprenda essere falsi.

3.L’avvocato che apprenda, anche successivamente, dell’introduzione nel procedimento di prove o elementi di prova, dichiarazioni o documenti falsi, provenienti dalla parte assistita, non può utilizzarli e deve rinunciare al mandato.

4.L’obbligo di rinuncia al mandato non sussiste se produzione o introduzione avvengano ad opera di parte diversa dal proprio assistito.

5. L’avvocato non deve impegnare di fronte al giudice la propria parola sulla verità dei fatti esposti in giudizio.

6. L’avvocato, nel procedimento, non deve rendere false dichiarazioni sull’esistenza o inesistenza di fatti di cui abbia diretta conoscenza e suscettibili di essere assunti come presupposto di un provvedimento del magistrato.

7. L’avvocato, nella presentazione di istanze o richieste riguardanti lo stesso fatto, deve indicare i provvedimenti già ottenuti, compresi quelli di rigetto.

8. La violazione dei divieti di cui al comma 1, 2, 3, 5 e 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. La violazione del dovere di cui al comma 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 51 – La testimonianza dell’avvocato

1. L’avvocato deve astenersi, salvo casi eccezionali, dal deporre, come persona informata sui fatti o come testimone, su circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e ad essa inerenti.

2. L’avvocato deve comunque astenersi dal deporre sul contenuto di quanto appreso nel corso di colloqui riservati con colleghi nonché sul contenuto della corrispondenza riservata intercorsa con questi ultimi.

3. Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone o persona informata sui fatti non deve assumere il mandato e, se lo ha assunto, deve rinunciarvi e non può riassumerlo.

4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 52 – Divieto di uso di espressioni offensive o sconvenienti

1.L’avvocato deve evitare espressioni offensive o sconvenienti negli scritti in giudizio e nell’esercizio dell’attività professionale nei confronti di colleghi, magistrati, controparti o terzi.

2.La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono la rilevanza disciplinare della condotta.

3.La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 53 – Rapporti con i magistrati

1.I rapporti con i magistrati devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto.

2.L’avvocato, salvo casi particolari, non deve interloquire con il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza del collega avversario.

3.L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulle incompatibilità.

4. L’avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o richiedere favori e preferenze, né ostentare l’esistenza di tali rapporti.

5. L’avvocato componente del Consiglio dell’Ordine non deve accettare incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario, fatta eccezione per le nomine a difensore d’ufficio.

6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 54 – Rapporti con arbitri, conciliatori, mediatori, periti e consulenti tecnici

1.I divieti e doveri di cui all’art. 53, commi 1, 2 e 4, si applicano anche ai rapporti dell’avvocato con arbitri, conciliatori, mediatori, periti, consulenti tecnici d’ufficio e della controparte.

2.La violazione dei divieti e doveri di cui al presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 55 – Rapporti con i testimoni e persone informate

1.L’avvocato non deve intrattenersi con testimoni o persone informate sui fatti oggetto della causa o del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.

2.Il difensore, nell’ambito del procedimento penale, ha facoltà di procedere ad investigazioni difensive nei modi e termini previsti dalla legge e nel rispetto delle disposizioni che seguono e di quelle emanate dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.

3. Il difensore deve mantenere il segreto sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse della parte assistita.

4. Nel caso in cui il difensore si avvalga di sostituti, collaboratori, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche nella ipotesi di segretazione degli atti, imponendo il vincolo del segreto e l’obbligo di comunicare esclusivamente a lui i risultati dell’attività.

5. Il difensore deve conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo necessario o utile all’esercizio della difesa.

6.Gli avvisi che il difensore e gli altri soggetti eventualmente da lui delegati sono tenuti a dare per legge alle persone interpellate ai fini delle investigazioni, devono essere documentati per iscritto.

7.Il difensore e gli altri soggetti da lui eventualmente delegati non devono corrispondere alle persone, interpellate ai fini delle investigazioni, compensi o indennità sotto qualsiasi forma, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle sole spese documentate.

8.Per conferire con la persona offesa dal reato, assumere informazioni dalla stessa o richiedere dichiarazioni scritte, il difensore deve procedere con invito scritto, previo avviso all’eventuale difensore della stessa persona offesa, se conosciuto; in ogni caso nell’invito è indicata l’opportunità che la persona provveda a consultare un difensore perché intervenga all’atto.

9.Il difensore deve informare i prossimi congiunti della persona imputata o sottoposta ad indagini della facoltà di astenersi dal rispondere, specificando che, qualora non intendano avvalersene, sono obbligati a riferire la verità.

10.Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte; quando è disposta la riproduzione, anche fonografica, le informazioni possono essere documentate in forma riassuntiva.

11.Il difensore non deve consegnare copia o estratto del verbale alla persona che ha reso informazioni, né al suo difensore.

12.La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei

doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 3, 4 e 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno. La violazione dei doveri, dei divieti, degli obblighi di legge e delle prescrizioni di cui ai commi 5, 6, 8, 9, 10 e 11 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 56 – Ascolto del minore

1.L’avvocato non può procedere all’ascolto di una persona minore di età senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, sempre che non sussista conflitto di interessi con gli stessi.

2.L’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, deve astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse.

3. L’avvocato difensore nel procedimento penale, per conferire con persona minore, assumere informazioni dalla stessa o richiederle dichiarazioni scritte, deve invitare formalmente gli esercenti la responsabilità genitoriale, con indicazione della facoltà di intervenire all’atto, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.

4. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.

Art. 57 – Rapporti con organi di informazione e attività di comunicazione

1.L’avvocato, fatte salve le esigenze di difesa della parte assistita, nei rapporti con gli organi di informazione e in ogni attività di comunicazione, non deve fornire notizie coperte dal segreto di indagine, spendere il nome dei propri clienti e assistiti, enfatizzare le proprie capacità professionali, sollecitare articoli o interviste e convocare conferenze stampa.

2.La violazione dei divieti di cui al comma precedente comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

Art. 58 – Notifica in proprio

1. Il compimento di abusi nell’esercizio delle facoltà previste dalla legge in materia di notificazione costituisce illecito disciplinare.

2. Il comportamento di cui al comma precedente comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

Art. 59 – Calendario del processo

1.Il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario del processo civile, ove determinato esclusivamente dal comportamento dilatorio dell’avvocato, costituisce illecito disciplinare.

2.La violazione del comma precedente comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 60 – Astensione dalle udienze

1. L’avvocato ha diritto di astenersi dal partecipare alle udienze e alle altre attività giudiziarie quando l’astensione sia proclamata dagli Organi forensi, ma deve attenersi alle disposizioni del codice di autoregolamentazione e alle norme vigenti.

2.L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione deve informare con congruo anticipo gli altri difensori costituiti.

3.L’avvocato non può aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a seconda delle proprie contingenti convenienze.

4. L’avvocato che aderisca all’astensione non può dissociarsene con riferimento a singole giornate o a proprie specifiche attività né può aderirvi parzialmente, in certi giorni o per particolari proprie attività professionali.

5. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 61 – Arbitrato

1.L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro deve improntare il proprio comportamento a probità e correttezza e vigilare che il procedimento si svolga con imparzialità e indipendenza.

2.L’avvocato non deve assumere la funzione di arbitro quando abbia in corso, o abbia avuto negli ultimi due anni, rapporti professionali con una delle parti e, comunque, se ricorre una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri previste dal codice di rito.

3. L’avvocato non deve accettare la nomina ad arbitro se una delle parti del procedimento sia assistita, o sia stata assistita negli ultimi due anni, da altro professionista di lui socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali.

In ogni caso l’avvocato deve comunicare per iscritto alle parti ogni ulteriore circostanza di fatto e ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al fine di ottenere il consenso delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.

4. L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel corso del procedimento in modo da preservare la fiducia in lui riposta dalle parti e deve rimanere immune da influenze e condizionamenti esterni di qualunque tipo.

5. L’avvocato nella veste di arbitro:

a)deve mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a conoscenza in ragione del procedimento arbitrale;

b)non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;

c)non deve rendere nota la decisione prima che questa sia formalmente comunicata a tutte le parti.

6.L’avvocato che ha svolto l’incarico di arbitro non deve intrattenere rapporti professionali con una delle parti:

a)se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento;

b)se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del procedimento stesso.

7.Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino negli stessi locali.

8.La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 1, 3, 4, 5, 6 e 7 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

La violazione del divieto di cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi a un anno.

Art. 62 – Mediazione

1. L’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui queste ultime previsioni non contrastino con quelle del presente codice.

2.L’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza.

3.Non deve assumere la funzione di mediatore l’avvocato:

a)che abbia in corso o abbia avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti;

b)se una delle parti sia assistita o sia stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che eserciti negli stessi locali.

In ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di ricusazione degli arbitri previste dal codice di rito.

4. L’avvocato che ha svolto l’incarico di mediatore non deve intrattenere rapporti professionali con una delle parti:

a)se non siano decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento;

b)se l’oggetto dell’attività non sia diverso da quello del procedimento stesso.

Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino negli stessi locali.

5. L’avvocato non deve consentire che l’organismo di mediazione abbia sede, a qualsiasi titolo, o svolga attività presso il suo studio o che quest’ultimo abbia sede presso l’organismo di mediazione.

6. La violazione dei doveri e divieti di cui al 1 e 2 comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura; la violazione dei divieti di cui ai commi 3, 4 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

TITOLO V

RAPPORTI CON TERZI E CONTROPARTI

Art. 63 – Rapporti con i terzi

1. L’avvocato, anche al di fuori dell’esercizio del suo ministero, deve comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi.

2. L’avvocato deve tenere un comportamento corretto e rispettoso nei confronti dei propri dipendenti, del personale giudiziario e di tutte le persone con le quali venga in contatto nell’esercizio della professione.

3. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 64 – Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi

1.L’avvocato deve adempiere alle obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.

2.L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi.

3.La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

Art. 65 – Minaccia di azioni alla controparte

1. L’avvocato può intimare alla controparte particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari, denunce, querele o altre iniziative, informandola delle relative conseguenze, ma non deve minacciare azioni o iniziative sproporzionate o vessatorie.

2.L’avvocato che, prima di assumere iniziative, ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio studio, deve precisarle che può essere accompagnata da un legale di fiducia.

3.L’avvocato può addebitare alla controparte competenze e spese per l’attività prestata in sede stragiudiziale, purché la richiesta di pagamento sia fatta a favore del proprio cliente.

4. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 66 – Pluralità di azioni nei confronti della controparte

1.L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte, quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.

2.La violazione del dovere di cui al precedente comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 67 – Richiesta di compenso professionale alla controparte

1.L’avvocato non deve richiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica pattuizione e vi sia l’accordo del proprio cliente, nonché in ogni altro caso previsto dalla legge.

2.L’avvocato, nel caso di inadempimento del cliente, può chiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso professionale a seguito di accordi, presi in qualsiasi forma, con i quali viene definito un procedimento giudiziale o arbitrale.

3. La violazione del divieto di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 68 – Assunzione di incarichi contro una parte già assistita

1.L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2.L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3.In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4.L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5.L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.

6.La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

TITOLO VI

RAPPORTI CON LE ISTITUZIONI FORENSI

Art. 69 – Elezioni e rapporti con le Istituzioni forensi

1. L’avvocato, chiamato a far parte delle Istituzioni forensi, deve adempiere l’incarico con diligenza, indipendenza e imparzialità.

2. L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad Organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con correttezza, evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla dignità delle funzioni.

3.È vietata ogni forma di iniziativa o propaganda elettorale nella sede di svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.

4.Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola affissione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento delle operazioni.

5.La violazione del dovere di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.

Art. 70 – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine

1. L’avvocato, al momento dell’iscrizione all’albo, ha l’obbligo di dichiarare l’eventuale sussistenza di rapporti di parentela, coniugio, affinità e convivenza con magistrati, per i fini voluti dall’ordinamento giudiziario; tale obbligo sussiste anche con riferimento a sopravvenute variazioni. 2. L’avvocato deve dare comunicazione scritta e immediata al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, e a quello eventualmente competente per territorio, della costituzione di associazioni o società professionali, dell’apertura di studi principali, secondari e di recapiti professionali e dei successivi eventi modificativi.

3.L’avvocato può partecipare ad una sola associazione o società tra avvocati.

4.L’avvocato deve assolvere gli obblighi assicurativi previsti dalla legge, nonchè quelli contributivi nei confronti delle Istituzioni forensi.

5. L’avvocato deve comunicare al proprio Consiglio dell’Ordine gli estremi delle polizze assicurative ed ogni loro successiva variazione.

6.L’avvocato deve rispettare i regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi.

7.La violazione dei doveri di cui ai commi 1, 2, 3, 5 e 6 del presente articolo comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento; la violazione dei doveri di cui al comma 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 71 – Dovere di collaborazione

1. L’avvocato deve collaborare con le Istituzioni forensi per l’attuazione delle loro finalità, osservando scrupolosamente il dovere di verità; a tal fine deve riferire fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o interventi istituzionali.

2. Qualora le Istituzioni forensi richiedano all’avvocato chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione a situazioni segnalate da terzi, tendenti ad ottenere notizie o adempimenti nell’interesse degli stessi, la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.

3.Nell’ambito di un procedimento disciplinare, o della fase ad esso preliminare, la mancata sollecita risposta agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituiscono autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall’organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.

4.La violazione dei doveri di cui al comma 1 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei doveri di cui al comma 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

Art. 72 – Esame di abilitazione

1. L’avvocato che faccia pervenire, in qualsiasi modo, ad uno o più candidati, prima o durante la prova d’esame, testi relativi al tema proposto è punito con la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.

2. Qualora sia commissario di esame, la sanzione non può essere inferiore alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

3. Il candidato che, nell’aula ove si svolge l’esame di abilitazione, riceva scritti o appunti di qualunque genere, con qualsiasi mezzo, e non ne faccia immediata denuncia alla Commissione, è punito con la sanzione disciplinare della censura.

TITOLO VII

DISPOSIZIONE FINALE

Art. 73 – Entrata in vigore

Il presente codice deontologico entra in vigore decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

·Ottobre 2014 – L’avv. Reboa alla presentazione de “Il Tribunale Dreyfus” , Associazione Per le Vittime della Malagiustizia

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L'avv. Romolo Reboa alla presentazione dell'associazione

Nella sala del Tempio di Adriano della Camera di Commercio di Roma, si è tenuta la presentazione de “il Tribunale Dreyfus”, associazione contro la malagiustizia promossa da Arturo Diaconale, direttore dell’Opinione. Questo primo incontro è stato dedicato a due casi di stretta attualità: il caso marò ed il processo per vilipendio a carico del segretario de La Destra, Francesco Storace. Ha partecipato all’evento anche l’avv. Romolo Reboa, difensore di Storace nel processo che lo vede coinvolto.

 

Avv. Giovanna Ranieri

Italiano

L’avv. Giovanna Ranieri è nata a L’Aquila ma ha sempre vissuto a Roma, dove esercita la libera professione di avvocato.

Laureatasi presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma con votazione di 108 su 110, ha superato l’esame d’abilitazione il 13 Settembre 2001; dal Febbraio 2014 è iscritta all’Albo degli avvocati abilitati al patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori.

Dal 2009 ha un proprio studio e continua ad occuparsi di questioni attinenti al diritto civile ed in particolar modo al diritto di famiglia, delle locazioni, alla contrattualistica, alle successioni, al diritto d’autore e della proprietà intellettuale, ed diritto del lavoro, avendo quali clienti sia società, che persone fisiche.

È iscritta nell’elenco dei professionisti abilitati ad essere delegati alle vendite e alla custodia dei beni pignorati ex artt. 169 sexies e 179 ter disp. att. c.p.c. presso il Tribunale di Roma ed è nelle liste dei difensori abilitati al patrocinio a spese dello Stato; ha inoltre conseguito la qualifica di mediatore.

English

The lawyer Giovanna Ranieri was born in L’Aquila but has always lived in Rome, where she practices as a lawyer.

Graduated from the Faculty of Law of the La Sapienza University of Rome with a score of 108 out of 110, she passed the qualification exam on 13 September 2001; since February 2014 she has been registered in the Register of lawyers authorized to practice before the highest courts.

Since 2009 she has her own studio and continues to deal with issues relating to civil law and, in particular, to family law, leases, contracts, succession, copyright and intellectual property, and labor law, having as customers both companies and individuals.

She is registered in the list of professionals authorized to be delegated to the sales and custody of foreclosed assets pursuant to Articles 169 sexies and 179 ter disp. att. c.p.c. at the Court of Rome and is on the list of lawyers qualified as public defendant; she also obtained the qualification of mediator.

Español

La abogada Giovanna Ranieri nació en L’Aquila pero siempre ha vivido en Roma, donde ejerce como abogada.

Licenciada en la Facultad de Derecho de la Universidad “La Sapienza” de Roma con una calificación de 108 sobre 110, aprobó el examen de habilitación el 13 de septiembre de 2001; desde febrero de 2014 está inscrita en el Registro de abogados habilitados para ejercer ante los más altos tribunales.

Desde 2009, cuenta con su propio despacho y sigue ocupándose de cuestiones relativas al derecho civil y, en particular, al derecho de familia, arrendamientos, contratos, sucesiones, derechos de autor y de la propiedad intelectual, y derecho laboral, teniendo como clientes tanto a empresas como a particulares.

Está inscrita en la lista de profesionales autorizados para ocuparse de la venta y custodia de bienes embargados en base a los artículos 169 sexies y 179 ter disp. att. cpc en el Tribunal de Roma y está en la lista de abogados de oficio; además, también tiene la cualificación de mediador.

Mediazione obbligatoria: modificate alcune norme

altPubblicato in Gazzetta Ufficiale n.221 del 23/09/2014 il Decreto Ministeriale 4 agosto 2014, n. 139  che modifica alcune norme della legge istitutiva della Mediazione Obbligatoria. L’entrata in vigore è del 24-9-2014.
 
Di seguito il testo del decreto:
 
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 4 agosto 2014, n. 139 
 
Regolamento recante modifica al decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e delle modalita’ di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione nonche’ sull’approvazione delle indennita’ spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010.
 
 IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA di concerto con  IL MINISTRO  DELLO SVILUPPO ECONOMICO
 
Visto l’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali;
Visto l’articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n.
 69;
Visto il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
Visto il decreto ministeriale 18 ottobre 2010, n. 180 e successive modificazioni e integrazioni;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 6 febbraio 2014;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la nota del 4 luglio 2014 con la quale lo schema di regolamento e’ stato comunicato al Presidente del Consiglio dei ministri;
 
Adotta
 
il seguente regolamento;
 
Art. 1
Disposizione generale
1. Le disposizioni del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, richiamate nei successivi articoli, sono modificate o integrate secondo quanto disposto negli articoli seguenti.
 
Art. 2
Modifiche all’articolo 4
1. All’articolo 4, comma 2, lettera a) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, le parole: «quello la cui sottoscrizione e’ necessaria alla costituzione di una societa’ a responsabilita’ limitata», sono sostituite dalle parole: «10.000,00 euro».
 
Art. 3
Modifiche all’articolo 8
1. All’articolo 8 del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma;
«5. L’organismo iscritto e’ obbligato a comunicare al Ministero della giustizia, alla fine di ogni trimestre, non oltre l’ultimo giorno del mese successivo alla scadenza del trimestre stesso, i dati statistici relativi alla attivita’ di mediazione svolta.».
 
Art. 4
Modifiche all’articolo 10
1. All’articolo 10, comma 1, del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso di cui all’articolo 8 comma 5, il responsabile dispone la sospensione per un periodo di dodici mesi dell’organismo che non ha comunicato i dati; ne dispone la cancellazione dal registro se l’organismo non provvede ad inviare i dati, inclusi quelli storici dei dodici mesi precedenti, entro i tre mesi successivi.».
 
Art. 5
Modifiche all’articolo 11
1. All’articolo 11, comma 1, primo periodo, del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, la parola «annualmente» e’ sostituita dalle parole «ogni sei mesi».
 
Art. 6
Integrazioni
1. Dopo l’articolo 14 del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, e’ inserito il seguente;
«Articolo 14-bis (Incompatibilita’ e conflitti di interesse). –
1. Il mediatore non puo’ essere parte ovvero rappresentare o in ogni modo assistere parti in procedure di mediazione dinanzi all’organismo presso cui e’ iscritto o relativamente al quale e’ socio o riveste una carica a qualsiasi titolo; il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitino la professione negli stessi locali.
2. Non puo’ assumere la funzione di mediatore colui il quale ha in corso ovvero ha avuto negli ultimi due anni rapporti professionali con una delle parti, o quando una delle parti e’ assistita o e’ stata assistita negli ultimi due anni da professionista di lui socio o con lui associato ovvero che ha esercitato la professione negli stessi locali; in ogni caso costituisce condizione ostativa all’assunzione dell’incarico di mediatore la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 815, primo comma, numeri da 2 a 6, del codice di procedura civile.
3. Chi ha svolto l’incarico di mediatore non puo’ intrattenere rapporti professionali con una delle parti se non sono decorsi almeno due anni dalla definizione del procedimento. Il divieto si estende ai professionisti soci, associati ovvero che esercitano negli stessi locali.».
 
Art. 7
Modifiche all’articolo 16
1. All’articolo 16, comma 2, del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni;
a) dopo le parole «da ciascuna parte» sono aggiunte le parole «per lo svolgimento del primo incontro»;
b) dopo le parole «euro 40,00» sono aggiunte le parole «per le liti di valore fino a 250.000,00 euro e di euro 80,00 per quelle di valore superiore, oltre alle spese vive documentate;
c) dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «l’importo e’ dovuto anche in caso di mancato accordo».
2. All’articolo 16, comma 4, lettera d) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, le parole «di cui all’articolo 5, comma 1,» sono sostituite dalle parole «di cui all’articolo 5, comma 1-bis e comma 2,».
 
Art. 8
Modifiche all’articolo 18
1. All’articolo 18, comma 2, lettera a) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, le parole «quello la cui sottoscrizione e’ necessaria alla costituzione di una societa’ a responsabilita’ limitata», sono sostituite dalle parole: «10.000,00 euro».
 
Art. 9
Disposizioni finali e transitorie
1. Gli organismi di mediazione che alla data di entrata in vigore del presente decreto non sono in possesso di tutti i requisiti di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, devono provvedere alla integrazione entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, pena la cancellazione della iscrizione. Entro il medesimo termine, pena la cancellazione della iscrizione, devono provvedere alla integrazione dei requisiti di cui all’articolo 18, comma 2 lettera a) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, gli organismi di formazione che alla data di entrata in vigore del presente decreto non ne sono gia’ in possesso.
2. I mediatori che alla data di entrata in vigore del presente regolamento non hanno completato l’aggiornamento professionale in forma di tirocinio assistito di cui all’articolo 4, comma 3, lettera b) del decreto del Ministro della giustizia 18 ottobre 2010, n. 180, e successive integrazioni e modificazioni, devono provvedervi entro il termine di un anno dalla entrata in vigore del presente regolamento.
 3. La tabella con la specifica degli oneri informativi di cui al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 2012, n. 252, e’ allegata al presente regolamento.
 
Art. 10
Entrata in vigore
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
 
Roma, 4 agosto 2014
 
 Il Ministro della giustizia Orlando
 Il Ministro dello sviluppo economico Guidi
 Visto, il Guardasigilli: Orlando
 Registrato alla Corte dei conti il 16 settembre 2014
 Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri, reg.ne – prev. n. 2490
 
Allegato
 
ELENCO DEGLI ONERI INFORMATIVI INTRODOTTI O ELIMINATI A CARICO DI CITTADINI E IMPRESE (ART. 2, COMMA 2, DPCM 14 NOVEMBRE 2012 N. 252).
 
ONERI INTRODOTTI
 A) Denominazione
 1) Obbligo di comunicazione di dati statistici al Ministero della Giustizia
 2) obbligo di monitoraggio statistico
 B) Riferimento normativa interno
 1) Art. 2 dello schema di DM che modifica l’art. 18 del DM 180/2010
 2) art. 4 dello schema di DM che modifica l’art. 11 del DM 180/2010
 C) Categoria dell’onere
 1) comunicazione
 2) altro
 D) cosa cambia per il cittadino e/o l’impresa
1) la norma introduce, in capo all’organismo di mediazione, l’obbligo di trasmettere al Ministero della giustizia, ogni tre mesi, i dati statistici relativi alle attivita’ di mediazione. La norma fissa anche il termine: non oltre l’ultimo giorno successivo alla scadenza del trimestre.
2) L’obbligo di monitoraggio statistico in capo al Ministero era gia’ previsto dall’articolo 11 del DM 180/2010. La norma dello schema di DM in esame si limita a modificare l’intervallo temporale – sei mesi invece di un anno – in modo da intensificare l’attivita’ di monitoraggio.
 
ONERI ELIMINATI
Nulla da rilevare