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Il re è nudo

alt Nell’articolo di fondo del precedente numero di questa rivista parlavo del <<pericolo dell’illusionismo>> ed osservavo che la luce delle intellegenze emanata dal Presidente Monti e dagli uomini del suo governo non mi abbagliava, impedendomi di vedere, tra l’altro, che la moneta unica europea è un centro di interessi e non un dio laico intoccabile.
I prestigiatori insegnano che l’illusionismo, occultando un trucco, fa apparire una realtà che non esiste, quale quella dell’essere umano che entra in una botte e viene infilzato dalle spade o tagliato a pezzi. In realtà esso è qualcosa in più, è la creazione di un fenomeno psicologico che consente di introdursi in falle della mente umana per creare una immagine inesistente.
La scienza ha dimostrato che una delle principali falle della mente è quella del cosiddetto completamento logico, in relazione alla quale, in presenza di due azioni non consequenziali, il cervello preuppone l’esistenza di almeno una terza azione che porti dalla prima alla seconda.
Come terza azione la logica celebrale individua la più semplice disponibile.
Così, ad esempio, se vi è una pallina all’interno della mano destra che si avvicina alla sinistra e successivamente è la mano sinistra ad avere una pallina in mano, per la logica celebrale la visione di queste due immagini consecutive è che la pallina è stata passata dalla mano destra alla mano sinistra con modalità che la mente non è riuscita a percepire.
Il prestigiatore è cosciente di questa falla del cervello umano, avendo studiato psicologia, e la utilizza, ad esempio, per trattenere una pallina nella mano destra (nascondendola), mentre nella sinistra mostra un’identica palla che già aveva in mano o che, con mossa rapida, ha prelevato dalla propria tasca.
I fenomeni mediatici si basano su presupposti molto simili e possono essere indotti o trovare origine in eventi imprevisti che si insinuano nelle falle logiche della mente, permettendo di vedere ciò che tutti hanno davanti agli occhi e non percepiscono.
Nella famosa fiaba di Hans Christian Andersen, “i vestiti nuovi dell’imperatore”, solo un bambino riesce ad accorgersi che “il re è nudo”, perché la sua mente non è ancora stata colpita dalla cecità che colpisce i cortigiani ed i vigliacchi.
Ogni tanto scoppia qualche scandalo riferibile ai partiti politici ed i giornali parlano di sistema malato, di nuova tangentopoli e della necessità di una riforma elettorale, come se ciò che quel giorno si legge negli atti di un’inchiesta non sia quotidianamente sotto gli occhi di tutti.
Nel 1993, in occasione del referendum promosso dal Partito Radicale, il 90,3% dei votanti si pronunciò a favore dell’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti: la risposta di questi ultimi è stata la legge n. 515 del 10 dicembre 1993 che ha trasformato il finanziamento in rimborso elettorale. Il bambino della favola di Andersen avrebbe gridato che era stata uccisa la democrazia e si era instaurata una dittatura dei partiti: gli Italiani hanno incassato in silenzio, prendendo atto che l’unico modo di sopravvivere è farsi gli affari propri, cioè in un mondo di ladri, difendersi da questi ultimi rubando un po’ tutti, magari attraverso l’evasione fiscale.
Da tutto il mondo si può accedere al sito internet della Banca d’Italia e leggere (testualmente) che <<La partecipazione al capitale della Banca d’Italia è disciplinata dagli artt. 3 e 49 dello Statuto. Il capitale, di ammontare pari a 156.000 euro, è rappresentato da 300.000 quote di partecipazione nominative di 0,52 euro ciascuna>>.
L’art. 3 dello statuto è stato modificato dal Governo Prodi con D.P.R. del 12 dicembre 2006, pubblicato sulla G.U. n. 291 del successivo 15 dicembre, con il quale si è eliminato l’obbligo di assicurare la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici, cioè dello Stato Italiano.
L’elenco dei proprietari della Banca d’Italia è anch’esso pubblicato sul suo sito internet e dallo stesso emerge che il capitale dell’ex istituto di emissione italiano è in mano anche a banche passate in proprietà ad istituti di credito esteri.
In sintesi è pubblicato ufficialmente che la Banca d’Italia non solo ha un capitale inferiore a quello di una piccola società per azioni, ma è almeno in parte in mano straniera, per decisione di un ben identificato governo nazionale.
Visto il potere della Banca d’Italia sull’economia italiana, si può quindi affermare che è di dominio pubblico e certificato che le scelte che gravano sulle nostre tasche vengono assunte in centri di potere esteri e subite dagli impotenti governi italiani.
Poiché la crescita o la diminuzione dello spread (cioè le speculazioni sui titoli di stato per le quali ogni cittadino è costretto a pagare più tasse) è determinata anche dalle decisioni della Banca d’Italia, un governo che avesse effettivamente a cuore gli interessi nazionali cercherebbe di restituire la sovranità allo stesso, onde poter in ogni momento tornare alla sovranità monetaria.
Nessuno vede nulla ed i principali partiti tacciono, schernendo come estremisti coloro che tentano di dire che il re è nudo, e, come già avvenne per il porcellum, un anno prima delle elezioni si accordano per cambiare le regole del gioco, modificando la legge elettorale in maniera da mettere a tacere chi protesta, magari dandogli il contentino del cosidetto “diritto di tribuna”, utile solo a loro per continuare a dare al popolo l’illusione della democrazia.
Il porcellum nacque dalla mente del leghista Calderoli. La Lega al governo ha consentito l’assalto alla sovranità nazionale e non si è attivata per rimuovere le lesioni alla stessa provocate dal governo Prodi. Cade Berlusconi e la Lega diviene partito di opposizione: la magistratura indaga e scopre che è vero quello che i giornali hanno pubblicato qualche anno fa, cioè che nel << cerchio magico>> si fanno affari non leciti.
Il tutto mentre alla Camera viene approvato l’emendamento Pini sulla responsabilità dei Giudici di cui si parla in altra parte di questo giornale.
Non sono leghista né andreottiano, ma come non condividere le parole del leader DC, che a pensar male si fa peccato, ma qualche volta si coglie nel segno?

 

di Romolo Reboa*

* Avvocato del Foro di Roma

Fondo 3_2012