Tariffe professionali: il parere del Consiglio di Stato sulla bozza di regolamento
Consiglio di Stato parere 05.07.2012 n° 3126
Il Consiglio di Stato, con Parere 21 giugno 2012, n. 3126, ha dato l’ok allo schema di decreto ministeriale concernente il regolamento per la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia. In particolare, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi ha espresso parere favorevole indicando alcuni suggerimenti e modifiche auspicabili:
•si ravvisa l’opportunità di inserire nell’art. 1 un nuovo comma che preveda l’obbligo per il professionista di produrre in giudizio il preventivo di massima reso al cliente, stabilendo che la mancata produzione, o comunque l’assenza di prova sull’aver fornito il preventivo di massima, costituisca elemento di valutazione negativa da parte del giudice al fine della riduzione del compenso da liquidare;
•appare preferibile, anche per maggiore trasparenza nei confronti del cliente, modificare il comma 2 dell’art. 1 nel senso che il compenso è unitario e omnicomprensivo e comprende anche le spese, ferma restando la possibilità di indicarle in modo distinto come componente del compenso stesso;
•si suggerisce, vista anche la particolare situazione economica, di non adeguare necessariamente le tariffe all’incremento Istat per le professioni liberali: “l’adeguamento può anche avvenire in misura inferiore all’indice Istat soprattutto in un momento in cui gran parte del Paese è stata chiamata a sostenere sacrifici per far fronte alla contingenza economica e finanziaria. Tali considerazioni sono ancor più valide oggi con l’aggravarsi della crisi finanziaria, e inducono a suggerire di contenere l’adeguamento rispetto alle precedenti tariffe in misura inferiore a quello indicato dall’amministrazione”.;
•nelle tabelle si deve “evitare l’utilizzo di forcelle numeriche o percentuali e indicare solo il valore numerico o percentuale medio, sul quale opereranno gli eventuali aumenti fino alla misura massima (anche se non vincolante) e le eventuali diminuzioni, mai predeterminate nel minimo”;
•anche se la maggiore o minore durata del processo non è elemento nella piena disponibilità del professionista, dipendendo in gran parte dall’autorità giudiziaria, il radicale cambiamento derivante dalla eliminazione del sistema tariffario impone di superare anche tale inconveniente e lo strumento è l’inserimento nell’art. 4 dello schema di una disposizione di carattere premiale (aumento del compenso) in caso di rapidità del giudizio, dipendente da scelte processuali dell’avvocato (ad esempio, consenso o richiesta di riti accelerati o rispetto del principio di sinteticità nella redazione degli atti) e di una disposizione penalizzante, in caso di condotta opposta di ostacolo alla accelerazione del giudizio.
Ecco la versione integrale del parere:
Consiglio di Stato
Parere 5 luglio 2012, n. 3126
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi Adunanza di Sezione del 21 giugno 2012
…omissis…
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
OGGETTO: Ministero della giustizia.
Schema di decreto ministeriale concernente il “Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”.
LA SEZIONE
Vista la relazione prot. n. 10960/2012 del 12 giugno 2012, pervenuta il 14 giugno 2012, con cui il Ministero della giustizia ha chiesto il parere in ordine allo schema di regolamento in oggetto; Esaminati gli atti e udito il relatore Cons. Roberto Chieppa;
Premesso:
Riferisce l’Amministrazione che l’articolo 9, comma 1, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha espressamente abrogato le tariffe professionali.
Il comma 2 del citato art. 9 stabilisce che «ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante».
In attuazione di tale disposizione legislativa, è stato predisposto lo schema di regolamento in esame, che si compone di quarantadue articoli e di alcune tabelle allegate.
Il Capo I contiene le disposizioni generali e si compone di un solo articolo, che definisce l’ambito di applicazione del regolamento, e stabilisce le regole generali relative al compenso di tutti i professionisti, cui il decreto si applica.
Il Capo II contiene le disposizioni concernenti gli avvocati e il Ministero riferisce di aver tratto spunto dalla riforma tedesca del 2004, che ha sostituito la legge federale sulla retribuzione degli avvocati, accorpando le voci di onorari, diritti, indennità e fondendole in funzione di una suddivisione in cinque fasi dei procedimenti giudiziali (di studio, introduttiva del procedimento o del processo, istruttoria, decisoria, esecutiva).
Viene anche riferito che, seguendo la proposta del Consiglio Nazionale Forense del settembre del 2010, i parametri da utilizzare per la determinazione del compenso sono stati formulati, partendo dalle precedenti tariffe, aumentate sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per l’intera collettività, e, in specie, della componente Professioni liberali.
I tredici articoli di questo capo contengono i criteri per la determinazione dei parametri da utilizzare per la liquidazione dei compensi degli avvocati da parte del giudice.
Il Capo III contiene le disposizioni concernenti i dottori commercialisti e gli esperti contabili e, anche in questo caso, l’amministrazione riferisce di aver proceduto nel senso di semplificare l’attuale assetto regolamentare, eliminando la distinzione tra rimborsi spese, indennità ed onorari attraverso un compenso caratterizzato da una struttura unitaria ed onnicomprensiva e riducendo a 11 le tipologie di attività per le quali sono previsti parametri per la determinazione del compenso. Il Capo IV contiene le disposizioni concernenti i notai, e i parametri per la liquidazione del compenso da parte del giudice sono determinati con riferimento a cinque macro categorie di atti: gli atti aventi ad oggetto beni immobili, gli atti aventi ad aggetto beni mobili (inclusi i beni mobili registrati), gli atti societari, gli atti di valore indeterminato o indeterminabile e gli atti che non possono essere ricondotti a una delle categorie sopra individuate (“altri atti”).
Viene aggiunto che il dato di partenza della liquidazione è, per ciascuna categoria di atti, il valore medio di riferimento, cui va applicata una forbice percentuale.
Il Capo V contiene le disposizioni concernenti le professioni dell’area tecnica, intendendosi con tale termine le professioni di agrotecnico e agrotecnico laureato, architetto paesaggista e conservatore, biologo, chimico, dottore agronomo e dottore forestale, geometra e geometra laureato, geologo, ingegnere, perito agrario e perito agrario laureato, pento industriale e perito industriale laureato, tecnologo alimentare. Ai fini della liquidazione dei compensi sono state utilizzati parametri numerici ed espressioni matematiche di sintesi, emerse all’esito della consultazione con tutti gli ordini e collegi interessati.
Il Capo VI, composto da un solo articolo, stabilisce l’applicazione analogica delle disposizioni del decreto alle altre professioni vigilate dal Ministero della giustizia.
Il Capo VII, infine, contiene la disciplina transitoria, con previsione dell’applicazione delle nuove disposizioni alle liquidazioni successive alla entrata in vigore del decreto e la previsione dell’entrata in vigore nel giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Considerato:
1. Lo schema di regolamento dà attuazione all’articolo 9, comma 2, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, che, a seguito della abrogazione delle tariffe professionali disposta dal comma 1 del medesimo articolo, stabilisce che «ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante».
L’emanando decreto contiene appunto i parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia.
Nella relazione l’amministrazione evidenzia che il “parametro” al quale l’organo giurisdizionale si rapporta in sede di liquidazione è profondamente diverso dalla “tariffa”, con la quale non deve essere confuso, avvertendo l’esigenza che tali nuovi parametri non debbano “prestarsi a fungere da tariffa mascherata”.
La Sezione condivide pienamente tale impostazione, e ritiene di dover formulare alcune osservazioni, dirette proprio ad evitare il sopra menzionato rischio.
Partendo dalle disposizioni generali, contenute nell’art. 1, si evidenzia come l’inciso “in difetto di accordo delle parti” limiti l’ambito di applicazione del decreto a tale presupposto, mentre la liquidazione del compenso del professionista da parte del giudice può avvenire anche d’ufficio e, pertanto, si suggerisce di aggiungere le parole “o anche d’ufficio nei casi previsti dalla legge”.
Sembra, inoltre, opportuno eliminare le parole “anche analogicamente” contenute nel comma 1, in quanto l’applicazione delle disposizioni del decreto avviene in primo luogo in via diretta da parte dell’organo giurisdizionale e, per i casi non disciplinati, la seconda parte dello stesso comma 1 prevede l’applicazione analogica, rendendo, quindi, superflue le parole sopra riportate.
2. Il comma 2 dell’art. 1 prevede che “Nei compensi non sono comprese le spese da rimborsare secondo qualsiasi modalità, compresa quella concordata in modo forfettario”.
Al riguardo si rileva che l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1/2012 fa riferimento, al penultimo periodo, alla misura del compenso che «va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi».
La fonte primaria fa, quindi, riferimento ad un concetto di compenso omnicomprensivo, e non appare convincente la relazione ministeriale secondo cui la locuzione di compenso sarebbe stata utilizzata “in senso improprio”, solo al fine di indurre a formulazioni chiare e compiute del preventivo.
Appare preferibile modificare il comma 2 nel senso che il compenso è unitario e omnicomprensivo e comprende anche le spese, ferma restando la possibilità di indicarle in modo distinto come componente del compenso stesso.
3. Sempre con riferimento alle disposizioni generali, l’art. 1 non sembra aver adeguatamente considerata una delle novità principali della norma primaria, che è costituita dall’obbligo per il professionista di rendere nota previamente al cliente la misura del compenso con un preventivo di massima (art. 9, comma 4, di. n. 1/2012).
Tale importante innovazione è diretta a rendere chiaro fin dall’inizio nel rapporto tra professionista e cliente il corrispettivo per l’attività da svolgere, seppur attraverso un preventivo di massima.
Nel caso in cui non si giunga poi ad un accordo tra le parti sulla misura del compenso o lo stesso debba comunque essere liquidato dal giudice, appare rilevante che il giudice sia posto in grado di sapere se il preventivo di massima è stato reso al cliente come prevede la norma e il contenuto dello stesso.
Si ravvisa, quindi, l’opportunità di inserire nell’art. 1 un nuovo comma, che preveda l’obbligo per il professionista di produrre in giudizio il preventivo di massima reso al cliente, stabilendo che la mancata produzione, o comunque l’assenza di prova sull’aver fornito il preventivo di massima, costituisca elemento di valutazione negativa da parte del giudice al fine della riduzione del compenso da liquidare.
4. L’art. 1, comma 6, stabilisce che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”.
Tale formulazione è in linea di principio coerente con il passaggio da un sistema tariffario alla definizione dei parametri fissati solo per la liquidazione del compenso da parte del giudice.
Deve, tuttavia, essere tenuto presente che la determinazione di parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi dei professionisti non deve consentire anche il solo pericolo che tali nuovi parametri si prestino, per utilizzare il termine contenuto nel già richiamato passaggio della relazione ministeriale, a fungere da “tariffa mascherata”. La scelta (legittima) dell’amministrazione di utilizzare parametri numerici o percentuali può aumentare tale rischio ed allora, proprio tenuto conto del valore non vincolante dei parametri, è preferibile non stabilire, neanche a titolo indicativo, la misura minima di detti parametri, siano essi numerici o percentuali.
Infatti, il rischio di re-introdurre una “tariffa mascherata” o di determinare indirettamente una attenuazione dell’abrogazione delle tariffe professionali concerne soprattutto i minimi delle soglie numeriche o percentuali.
Si propone, pertanto, di modificare sia il testo dei diversi articoli, sia le allegate tabelle, eliminando qualsiasi riferimento a diminuzioni minime dei parametri, che vanno rimesse alle valutazioni del giudice.
Di conseguenza, va eliminato l’inciso “sia nei minimi che nei massimi”, contenuto nel comma 6 dell’art. 1, e vanno eliminati tutti i riferimenti a diminuzioni dei parametri fino ad un determinato importo.
Nelle tabelle si deve, di conseguenza, evitare l’utilizzo di forcelle numeriche o percentuali e indicare solo il valore numerico o percentuale medio, sul quale opereranno gli eventuali aumenti fino alla misura massima (anche se non vincolante) e le eventuali diminuzioni, mai predeterminate nel minimo.
5. Per quanto riguarda il quantum del valore medio di liquidazione, nella relazione ministeriale viene evidenziato che per gli avvocati è stato utilizzato il criterio di aggiornare i valori della precedente tariffa, di cui al d.m. 8 aprile 2004 n. 127, secondo gli indici Istat riferibili alle professioni liberali, con un incremento del 3% annuo di media per il periodo 2004 / 2012 (l’incremento complessivo risulta così essere del 24,1 % in coerenza con la proposta del CNF).
La Sezione prende atto del criterio utilizzato consistente nel partire dalle abrogate tariffe professionali aggiornandone i valori, e osserva che tale adeguamento non deve necessariamente essere pienamente corrispondente all’incremento Istat per le professioni liberali.
Con il parere n. 3229 del 2 luglio 2010, questa Sezione si è già espressa, con riferimento alla precedente disciplina di onorari, indennità e spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti, nel senso che l’adeguamento può anche avvenire in misura inferiore all’indice Istat soprattutto “in un momento in cui gran parte del Paese è stata chiamata a sostenere sacrifici per far fronte alla contingenza economica e finanziaria”. Tali considerazioni sono ancor più valide oggi con l’aggravarsi della crisi finanziaria, e inducono a suggerire di contenere l’adeguamento rispetto alle precedenti tariffe in misura inferiore a quello indicato dall’amministrazione.
Peraltro, il valore dei nuovi parametri, come mero indice di riferimento, e la profonda differenza con le vecchie tariffe costituiscono elementi idonei a supportare la scelta di un adeguamento di misura inferiore rispetto a quello contenuto nelle tabelle allegate allo schema di regolamento. Analoghe considerazioni valgono ovviamente per i parametri relativi alle altre professioni, essendo rimessa all’amministrazione la valutazione circa la misura del minore adeguamento di cui sopra.
6. Sempre con riferimento alla professione di avvocato, si rileva l’assenza tra i criteri generali di liquidazione, contenuti nell’art. 4, di un riferimento all’attività svolta dal professionista per ottenere una rapida conclusione del giudizio.
Nel precedente sistema tariffario, uno dei maggiori inconvenienti era costituito dall’esistenza di criteri di liquidazione legati alla quantità dell’attività svolta, al numero delle udienze, delle memorie e degli altri atti difensivi.
Ciò determinava che una maggiore durata del processo finiva per incidere sulla determinazione del compenso, che risultava in questo caso maggiore. Va detto che la maggiore o minore durata del processo non è elemento nella piena disponibilità del professionista, dipendendo in gran parte dall’autorità giudiziaria; tuttavia, per le ragioni anzidette il professionista era disincentivato ad ottenere un giudizio più rapido, risultando in questo caso inferiore il suo compenso determinato sulla base delle tariffe. Il radicale cambiamento derivante dalla eliminazione del sistema tariffario impone di superare anche tale inconveniente e lo strumento è l’inserimento nell’art. 4 dello schema di una disposizione di carattere premiale (aumento del compenso) in caso di rapidità del giudizio, dipendente da scelte processuali dell’avvocato (ad esempio, consenso o richiesta di riti accelerati o rispetto del principio di sinteticità nella redazione degli atti) e di una disposizione penalizzante, in caso di condotta opposta di ostacolo alla accelerazione del giudizio.
Del resto, tale obiettivo è stato dichiarato dall’amministrazione nella sua relazione, in cui, con riferimento, all’accorpamento di onorari, diritti e indennità in funzione di una suddivisione in fasi dei procedimenti giudiziali, è stato indicato che lo scopo è quello di “contenere possibili incentivazioni delle lungaggini processuali, e invece favorire un’attenzione al contenimento dei tempi a sua volta correlato al comune valore costituzionale della ragionevole durata dei procedimenti”. In coerenza con tale scopo, che la stessa amministrazione intende perseguire, occorre, pertanto, introdurre un nuovo comma dell’art. 4, nel senso di prevedere che: “Qualora l’avvocato ottenga la celere conclusione del giudico anche grafie alla propria attività, consistente ad esempio nel consenso o nella richiesta di riti accelerati o nel rispetto del principio di sinteticità degli atti, il compenso può essere aumentato fino al 50 %;il compenso può invece essere ridotto in caso di condotta delprofessionista contraria alla celere definizione del giudizio”.
7. Una ulteriore osservazione riguarda la semplicità delle modalità di determinazione del compenso, contenute nel decreto.
Negli articoli 35 e 39 sono state inserite alcune formule di non facile applicazione, il cui esatto contenuto è illustrato solo nella relazione ministeriale.
In via generale, si rileva che l’utilizzo di formule negli atti normativi è ammesso principalmente quando tali formule si applicano a soggetti tecnicamente in grado di comprenderle (ad esempio, il meccanismo tariffario del ed. “price cap”).
Quando, invece, il rapporto è tra professionista e cliente/consumatore, va prestata particolare attenzione alla semplicità del linguaggio normativo e alla immediata comprensibilità delle disposizioni.
Le formule contenute nei due menzionati articoli non sembrano rispondere a tali principi e, al riguardo, si suggerisce di semplificarle o di renderle maggiormente intellegibili, anche inserendole negli allegati con una più compiuta spiegazione, allo stato contenuta nella sola relazione.
8. Una ultima osservazione concerne il titolo del Capo III (“Disposizioni concernenti i dottori commercialisti ed esperti contabili”), che non è coerente con quanto indicato dall’amministrazione nella relazione (“Il Capo III del decreto contiene disposizioni concernenti i dottori commercialisti, i ragionieri commercialisti e gli esperti contabili, quali professionisti iscritti in unico albo”).
Si rimette all’amrninistrazione la valutazione sul corretto ambito di applicazione del Capo III tra le due formulazioni utilizzate.
p.q.m.
Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.
l’ESTENSORE
Roberto Ghieppa
Il presidente
Luigi Cossu